Kitchen


di Banana Yoshimoto

Titolo: Kitchen
Titolo originale: キッチン (Kitchin)
Autore: Banana Yoshimoto (sito ufficiale in inglese)
Nazionalità: giapponese
Prima pubblicazione: 1988
Ambientazione: Giappone, tempo presente
Personaggi: Mikage, Yūichi, Eriko, Satsuki, Urara
Casa Editrice: Feltrinelli
Traduzione: Giorgio Amitrano
Copertina: Ayako Kawahara, protagonista del film Kitchen
Pagine: 148
Link al libro: GOODREADSANOBII
inizio lettura: 5 agosto 2001
fine lettura: 11 agosto 2001
inizio rilettura: 15 dicembre 2011
fine rilettura: 27 dicembre 2011


Stando in piedi al centro di una cucina tutto ricomincia da capo e qualcosa ritorna.

(Pagina 55)

Mikage è rimasta sola al mondo, dopo la morte della nonna. Trova conforto solo in cucina, la stanza che preferisce. Non può però andare avanti a dormire sul pavimento davanti al frigo, e per fortuna le viene in aiuto Yūichi, un ragazzo discreto e gentile che conosce appena, ma che senza problemi la invita a stare a casa sua, dove vive con sua madre, Eriko. La presenza affettuosa ma allo stesso tempo distante di questi due coinquilini aiuterà Mikage a superare il periodo difficile.

Il segnalibro che ho usato durante la lettura è stato realizzato da serielle.

Questo è il primo romanzo pubblicato dalla Yoshimoto, e anche il primo che ho letto, e che ora finalmente ho avuto occasione di rileggere, per poterlo commentare, visto che mi ricordavo assai poco.

In realtà parlare di romanzo mi sembra un po’ improprio, anche se nella postfazione e nella quarta di copertina è definito come tale. Infatti Kitchen contiene in realtà tre racconti: “Kitchen”, “Plenilunio” (seguito di Kitchen) e “Moonlight Shadow” (un racconto a sé, che poi ho letto era la tesi di laurea della Yoshimoto).

Nei pochi ricordi che avevo di questo libro c’era il fatto che mi fosse piaciuto moltissimo, infatti mi ha iniziato all’amore sfegatato per la Yoshimoto. Mi spiace dire però che la rilettura mi ha un po’ deluso, il libro mi è piaciuto ma non mi ha entusiasmato come pensavo.

Già in questo suo primo lavoro ci sono un po’ tutti i temi cari alla Yoshimoto che ho poi ritrovato in quasi tutti gli altri suoi libri. Tutti e tre i racconti, per esempio, prendono spunto dalla morte di qualcuno. Non accadono molte cose, la trama è povera di eventi eclatanti (le morti, infatti, avvengono “fuori onda”, quando il racconto inizia è tutto già successo), c’è solo una sorta di ricerca interiore, di lotta con sé stessi per ritrovare l’equilibrio e ritornare a vivere. Nonostante la grande tristezza dei temi trattati, i racconti della Yoshimoto sono sempre delicati e in un certo qual modo ottimistici, il suo stile inconfondibile ci guida attraverso le tragedie con piccoli gesti e situazioni quotidiane, e pian piano i protagonisti trovano qualcosa a cui aggrapparsi: per Mikage è la cucina, per Yūichi è la stessa Mikage, per Satsuki è l’incontro con Urara.

Segnalibro dedicato al libro, realizzato da me!

Avrei voluto postare qualche frase a proposito del tè. Mi piace sempre molto ritrovare riferimenti alla mia bevanda preferita nei libri, e qui ce ne sono molti, però sono solo accenni, nessuna frase veramente significativa. Perciò citerò soltanto una cosa secondo me bellissima, che mi fa amare e ammirare ancora di più la cultura nipponica: nella sua stanza d’albergo durante un viaggio Mikage si fa un tè col bollitore in dotazione alla stanza!!! Che meraviglia!!!!! :)

Un ultimo commentino un po’ imbarazzante per me: ricordo che alla prima lettura ci misi un bel po’ all’inizio di “Moonlight Shadow” per capire che era un altro racconto e non una continuazione dei precedenti! A rileggerlo adesso la cosa mi sembra assurda, perché fin da subito cambiano i nomi dei personaggi, però, chissà, forse per la mia poca familiarità coi nomi giapponesi la prima volta non l’avevo notato!

Copertina e titolo

Difficile commentarli questa volta perché sono diventati entrambi ormai, a mio parere, qualcosa di classico: le tante piccole figure dell’attrice del film Kitchen e questo titolo così essenziale, una sola parola, in inglese, molto più evocativa di un semplice “cucina”. Insomma, mi piacciono entrambi, ma non so se è perché li trovo davvero belli o perché sono oramai tanto abituata a tutti e due!

Dammi 4 parole

Cucina maestra di vita

Un po’ di frasi

Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina.
[incipit]

Guardai dalla finestra. L’aria era color grigio piombo.
Le nuvole venivano trascinate via dal vento con una forza incredibile. In questo mondo non c’è posto per le cose tristi. Nessun posto.
(Pagina 25)

explicit di 'Kitchen' Leggi

Alla fine dell’autunno Eriko è morta.
[incipit di “Plenilunio”]

Io ho rischiato, ma ho vissuto in allegria.
Eriko
(Pagina 52)

Non temevo scottature o ferite, non mi pesava stare in piedi tutta la notte. Ogni giorno ero eccitata al pensiero delle sfide che mi aspettavano il giorno dopo. Nella torta di carote che avevo fatto tante volte in modo da imparare il procedimento a memoria erano entrati anche frammenti del mio spirito. Amavo i pomodori rossi fiammanti, trovati al supermarket, più della mia vita. […]
Voglio assolutamente continuare a sentire che un giorno morirò. Altrimenti non mi accorgo che vivo. Per questo è così la mia vita.
A volte, nel buio, mi avvicino, passo passo, verso l’orlo di un precipizio, ma se sbuco su una strada maestra tiro un respiro di sollievo. Anche quando penso di non farcela, conosco la bellezza della luce, lassù. Una luce che penetra nell’anima.
(Pagine 57-58)

Nel flusso indefinito del tempo e degli stati d’animo, gran parte della storia è incisa nei sensi. E cose di nessuna importanza, insostituibili, ritornano così all’improvviso, in un caffè d’inverno.
(Pagina 71)

Di lei conoscevo erti atteggiamenti superficiali, i pasticci in amore, e anche il fallimento al tempo in cui faceva il commerciante , ma penso che non potrò dimenticare la bellezza del suo pianto. Ti faceva sentire che l’anima racchiude qualcosa di prezioso.
(Pagina 80)

explicit di 'Plenilunio' Leggi

Hitoshi andava in giro con un campanellino attaccato al portatessera, non se ne separava mai.
Era un piccolo dono che gli avevo fatto quando non eravamo ancora innamorati. Non aveva nessun significato particolare, ma lo portò con sé‚ fino all’ultimo.
[incipit di “Moonlight Shadow”]

Il raffreddore, sai, adesso è nella fase peggiore. Stai così male che preferiresti morire. Però forse a questo punto non può peggiorare. Ogni persona ha limiti che non possono essere oltrepassati. È vero, in futuro il raffreddore ti potrebbe tornare, in una forma forte e altrettanto grave, ma se tieni duro forse non accadrà più per tutta la vita. È così che funziona. Puoi considerare inaccettabile la possibilità che torni oppure, se torna, dire a te stessa: ‘Beh, ci risiamo di nuovo?’ e tutto diventa molto più facile.
Urara
(Pagina 124)

explicit di 'Moonlight Shadow' Leggi

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