Le intermittenze della morte


di José Saramago


Il giorno seguente non morì nessuno.

[incipit]

La mia prima esperienza con Saramago è stata senz’altro positiva. Peccato solo che mi sono persa un po’ nella parte centrale, che mi è piaciuta meno, perché invece l’inizio e, soprattutto, la fine sono sicuramente da 5 stelline!

In un imprecisato paese europeo il primo di gennaio non si registrano morti. E neanche il giorno dopo. E quello dopo ancora. La gente ha smesso di morire.

La morte è un tema a cui, chi più chi meno, abbiamo tutti pensato prima o poi nella vita. Basta guardare un telegiornale per averla sempre di fronte, senza contare poi le volte che ci colpisce più da vicino. Quindi quando ho scoperto qual’era la trama di questo libro ho pensato che l’idea era estremamente intrigante! Mi è piaciuto moltissimo il modo in cui Saramago ha immaginato le varie reazioni delle persone al fatto che non si morisse più. Politici, religiosi, impresari di pompe funebri, criminali, gente comune… ognuno ha reagito in modo diverso, e pur trattandosi di un argomento impossibile e inimmaginabile, ho trovato il tutto estremamente realistico. E la cosa non ha mancato di suscitarmi una miriade di riflessioni, perché a molti risvolti pratici di un’improvvisa immortalità generale non avevo mai pensato!

Però… però dopo un po’ ha cominciato ad annoiarmi. Avrei preferito fosse dedicato meno spazio al racconto di come la gente ha reagito all’interrompersi della morte e alle conseguenze che ha portato. Infatti mi sono un po’ bloccata a metà libro e ho ripreso a leggere con interesse solo dopo che entra in scena proprio lei, la morte. Da quel momento in poi il romanzo è tornato ad interessarmi molto, e mi è piaciuto sempre di più, fino alla fine!

On Cello by salenaA

I personaggi di questo romanzo sono tutti senza volto e senza nome: il re, il padre, il filosofo, il violoncellista, il primo ministro… Quest’ultimo è stato l’unico tra i personaggi per così dire secondari a colpirmi in maniera particolare per la sua saggezza di capo di stato che si trova a dover affrontare una situazione così assurda. Indubbiamente comunque i personaggi che ho preferito sono stati i due principali. Il violoncellista, anche lui senza nome, ci viene descritto però un po’ più nel dettaglio: conosciamo la sua età, la sua casa, le sue abitudini e un po’ anche il suo carattere. Ora io, dovete sapere, pur nella mia sconfinata ignoranza e incapacità musicale, ho una vera passione per il violoncello. Onestamente, quindi, non so dire qual è il motivo per cui questo personaggio mi è piaciuto così tanto, se semplicemente perché suonava il violoncello, o se perché in effetti è proprio un bel personaggio, o se perché è l’unico mortale che viene approfondito un po’, o se perché mi sono identificata nella sua solitudine, o forse perché l’ho invidiato anche un po’… Non so, fatto sta che a fine lettura, ora che, mentre scrivo, è passato già qualche giorno da quando ho finito di leggere il libro, il suo ricordo ancora mi colpisce, mi emoziona, mi coinvolge. Il suo ricordo e quello dell’altro personaggio principale, di quella che è in effetti l’unica vera protagonista del romanzo: la morte. E se dovessi citare uno solo dei pregi di questo libro, direi che è sicuramente quello grandissimo di averci fatto provare simpatia, empatia addirittura, per la morte. La vediamo molto umana, anche se Saramago non manca mai di sottolineare il suo aspetto scheletrico. E poi… be’, poi non dico più nulla, perché tutto quello che vorrei aggiungere su questo personaggio sarebbe temo molto spoiler, anzi forse già parlare della morte come personaggio è un po’ spoiler, dato che appare dopo pagina 100, ma, scusate tanto, proprio non potevo scrivere questa recensione senza nominarla!

L’ambientazione di questo romanzo è anonima quanto i suoi personaggi. Il nome del Paese in cui la morte smette di uccidere non viene mai fatto, ma da alcune caratteristiche che vengono descritte qua e là sembrerebbe un paese dell’Europa centrale. Ma diciamo la verità, ha poca importanza, anzi, in realtà secondo me Saramago non pensava affatto ad un paese reale quando ha scritto questo romanzo, e i pochi dettagli che dà sono anche troppi, perché in realtà questo paese può essere uno qualsiasi, anche il nostro.

Il segnalibro che ho usato durante la lettura mi è stato regalato da Cinzix

Lo stile di Saramago è difficile. I periodi sono lunghissimi, i dialoghi scritti tutti di seguito, senza mai andare a capo, le maiuscole praticamente inesistenti. Leggere costa una certa fatica, soprattutto perché non ci si può distrarre né si può interrompere la lettura a metà, per esempio, di una pagina. All’inizio ho trovato piacevole questo modo di scrivere che per me risultava nuovo, ma a lungo andare ho cominciato a sentirne la pesantezza. Poi, forse perché mi ci sono alfine abituata, o forse perché il romanzo ha cominciato a piacermi di nuovo, sono tornata se non proprio ad apprezzarlo almeno a non trovarlo più spiacevole. In definitiva non saprei dire se lo stile di Saramago m’è piaciuto o no. Sicuramente è particolare e non mi ha lasciata indifferente, perciò diciamo che posso annoverarlo tra i fattori positivi, visto che ha sicuramente contribuito alla forte e duratura impressione che questo romanzo mi ha lasciato. Mi ha coinvolta talmente tanto che nello scrivere questo commento mi sembrava di esserne un po’ contagiata! Mi sono infatti dovuta sforzare per mettere un po’ più di punti fermi, sono andata a capo pochissimo e mi veniva da scrivere i nomi propri con la minuscola! Spero di essere riuscita a contenere certe pulsioni, ché se sei Saramago ti fanno vincere il Nobel, ma se sei me rendono solo il post fastidioso da leggere!

Ah, poi, la fissa delle minuscole non ha contagiata solo me ma evidentemente anche l’editore di questo libro: la elle minuscola era molto spesso sostituita dalla I maiuscola (un errore che di solito capita quando si fa acquisire un testo direttamente da un computer) cosa che, non posso negarlo, mi ha dato parecchio fastidio (e siccome sono pignola e puntigliosa proprio non riesco a tenermele per me certe cose!!!)

Il finale mi è piaciuto immensamente. L’ultima parte (dal momento in cui la morte prende sembianze umane) me la sono divorata, è quella che sicuramente mi è piaciuta di più: se il mio giudizio fosse dipeso solo dalle ultime 60-70 pagine a questo libro avrei dato 5 stelline senza dubbio! Meraviglioso poi l’explicit, proprio l’ultima frase, che è la stessa con cui inizia il libro!

Commento generale.

Dai commenti che leggevo online Saramago mi affascinava e mi spaventava allo steso tempo. Ora che finalmente l’ho letto posso dire che sicuramente ha prevalso il fascino. Questo romanzo mi è piaciuto moltissimo, mi ha colpito in ogni suo aspetto. Purtroppo nella parte centrale ho faticato molto ad andare avanti, trovandola un po’ noiosa e ridondante, e questo mi ha fatto abbassare il voto di una stellina. L’inizio, il tema trattato, l’idea, i personaggi, il finale soprattutto, insomma, tutto il resto è invece il capolavoro che mi aspettavo. Un libro che, raccontandoci della morte, parla della Vita (e che Saramago mi perdoni la maiuscola!).

Motivazione del Premio Nobel per Saramago:

che con parabole sostenute da immaginazione, compassione e ironia ci permette ancora una volta di afferrare una realtà illusoria.

Copertina e titolo

La copertina di questa mia edizione Feltrinelli mi piace moltissimo (ne avevo infatti già parlato QUI), direi che è geniale! Il titolo anche è molto bello, mi ha attratto da subito tra quelli di Saramago, e l’intuizione è stata davvero felice!

Curiosità

Dopo il recente Kafka sulla spiaggia anche ne Le intermittenze della morte sono citati diversi brani musicali. Anche stavolta mi sono divertita a segnarli:

Suite Numero 6 opera 1012 in Re maggiore di Bach

Opera 25, Numero 9, in Sol bemolle maggiore di Chopin. Un brano breve e intensissimo al pianoforte, che secondo il violoncellista era il suo ritratto fatto musica (non riusciva a vedersi in nient’altro che fosse stato scritto in uno spartito […]. È che in cinquantotto secondi chopin aveva detto tutto quanto si sarebbe potuto dire di una persona che non poteva aver conosciuto.)

Infine, due brani che a causa dei suoi doveri d’ufficio la morte si era ritrovata ad ascoltare molte volte: la marcia funebre di Chopin e l’adagio assai della terza sinfonia di Beethoven.

Bonus
Leggendo questo libro mi è venuto in mente più volte il telefilm Dead Like Me, che parla di una ragazza, George, che muore in un incidente e dopo morta viene assunta per fare la morte, ovvero ha il compito, insieme ad un gruppo di colleghi, di raccogliere le anime delle persone che stanno per morire per condurle nell’aldilà. La sigla di questo telefilm ci mostra svariati mietitori che lavorano come qualsiasi altro impiegato d’ufficio. Ogni volta che Saramago descriveva la morte così abbigliata mi venivano in mente queste immagini!

Mini recensione in 4 parole

Lascia una profonda impressione

Acherontia atropos by 4rn
(Acherontia atropos è il nome scientifico della sfinge testa di morto, questa particolare falena che ha sul dorso un disegno simile ad un teschio umano. Viene citata nel libro proprio per questa sua particolarità)

Titolo: Le intermittenze della morte
Titolo originale: As intemitências da morte
Genere: narrativa, fantastico
Autore: José de Sousa Saramago (sito ufficialebiografia)
Nazionalità: portoghese
Prima pubblicazione: 2005
Ambientazione: una imprecisata nazione europea, giorni nostri
Personaggi: la morte, il violoncellista
Casa Editrice: Feltrinelli (Universale Economica)
Traduzione: Rita Desti
Copertina: illustrazione di Emiliano Ponzi
Pagine: 218
Provenienza: Regalo (tramite la Catena dei Desideri: Christmas Edition)
Link al libro: IN LETTURAANOBIIGOODREADS
inizio lettura: 17 febbraio 2013
fine lettura: 1 giugno 2013

Grazie a…

Marycliath98 che mi ha regalato questo libro in occasione della Catena dei Desideri: Christmas Edition.

Sfide

Un po’ di frasi

La diceria […] non tardò ad arrivare ai giornali, alla radio e alla televisione, e fece rizzare immediatamente le orecchie a direttori, vice e capiredazione, persone non solo preparate a fiutare a distanza i grandi avvenimenti della storia del mondo, ma anche addestrate a ingigantirli ancora di più ogni qualvolta sia conveniente.
(Pagina 15)

cardinale: Vuol dire che ha bestemmiato pure lui.
primo ministro: Non sono competente per dare giudizi di tale natura, eminenza, vivere con i miei stessi errori mi dà già abbastanza daffare.
(Pagina 21)

Se gli esseri umani non morissero, allora tutto passerebbe a essere permesso, E questo sarebbe un male, domandò il filosofo vecchio, Tanto quanto il non permettere niente.
(Pagina 39)

Se non riprenderemo a morire non abbiamo futuro.
Il primo ministro
(Pagina 92)

La lettera Leggi

Sessantaduemila cinquecentottanta, pacificati tutti in una volta per opera di un unico istante, di un attimo di tempo carico di una potenza mortifera di cui si troverebbe comparazione solo in certe deprecabili azioni umane. A proposito, non resistiamo a rammentare che la morte, di per sé, da sola, senza un aiuto esterno, ha sempre ammazzato molto meno dell’uomo.
(Pagina 113)

Morire, in fin dei conti, è quello che c’è di più normale e comune nella vita, un fatto di pura routine.
(Pagina 137)

Forse un giorno mi deciderò a provare, e intanto continuerò a scrivere con penna, carta e inchiostro, ha il fascino della tradizione, e in questa faccenda del morire la tradizione ha un suo bel peso.
La morte
(Pagina 143)

…quando caino ammazzò abele, […] avvenimento tanto esecrabile, che sin dall’inizio del mondo è venuto a dimostrare com’è difficile vivere in famiglia.
(Pagina 144)

Da dio, che per dovere d’ufficio deve stare contemporaneamente in tutto l’universo, perché altrimenti non avrebbe alcun senso averlo creato, sarebbe una pretesa ridicola aspettarsi che mostrasse un interesse speciale per quanto accade sul piccolo pianeta terra, il quale peraltro, e questo forse non è venuto in mente a nessuno, è da lui conosciuto con un nome completamente diverso.
(Pagina 154)

L’uomo si mosse, forse sognava, forse continuava a suonare i tre brani di schumann e gli era uscita una nota falsa, un violoncello non è come un pianoforte, il pianoforte ha le note sempre negli stessi posti, sotto ogni tasto, mentre il violoncello le disperde in tutta la lunghezza delle corde, bisogna andare a cercarle, fissarle, coglierle nel punto giusto, muovere l’arco con la giusta inclinazione e la giusta pressione, niente di più facile, di conseguenza, che sbagliare una o due note quando si sta dormendo.
(Pagina 157)

…partendo dal bambino rugoso e arrossato fra le braccia della madre fino al giorno d’oggi, quando ci domandiamo se siamo veramente quelli che eravamo, o se un genio della lampada non ci starà magari sostituendo con un’altra persona a ogni ora che passa.
(Pagina 157)

In tutto il mondo c’è solo un posto dove la morte non può mettersi. […] Quello che chiamano urna, cassa, tomba, bara, feretro, cataletto, lì, io non c’entro, ci entrano solo i vivi, dopo che li ammazzo, è chiaro.
La morte
(Pagina 172)

La morte si domanda ora dove sarà anfitrite, la figlia di nereo e doride, dove sarà quel che, pur non essendo, mai esistito nella realtà, ciononostante per breve tempo ha dimorato nella mente umana al fine di crearvi, per breve tempo pure, una certa e particolare maniera di dare senso al mondo.
(Pagina 176)

Il sole non molesta le orbite vuote, ragion per cui i crani recuperati negli scavi archeologici non hanno necessità di abbassare le palpebre quando la luce batte improvvisamente sulle loro facce e il felice antropologo annuncia che il suo reperto osseo ha tutta l’aria di essere un neanderthal, anche se un esame successivo viene poi a dimostrare che in definitiva si tratta di un volgare homo sapiens.
(Pagina 192)

Il violoncellista: Non capisco niente, parlare con lei è come ritrovarsi in un labirinto senza porte.
La morte: Ecco qui un’eccellente definizione della vita.
Il violoncellista: Lei non è la vita.
La morte: Io sono molto meno complicata.
(Pagina 208)

È il mio più grande difetto, dico tutto sul serio, anche quando faccio ridere, soprattutto quando faccio ridere.
Il violoncellista
(Pagina 216)

explicit Leggi

4 pensieri riguardo “Le intermittenze della morte

  1. Saramago è un autore che mi affascina e mi spaventa, un po’ com’è successo a te. “Le intermittenze della morte”, tra l’altro, l’ho in casa… Mi sa che arriverà presto sul comodino, pronto per essere letto ;)
    La tua edizione è veramente carina, io ho quella Einaudi che non mi dispiace, ma non mi colpisce allo stesso modo.

    1. io sicuramente leggerò altro di suo!
      Spero che “Le intermittenze della morte” piacerà tanto anche a te, o magari anche di più! Di sicuro sono molto curiosa di leggere il tuo commento!

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