L’ultimo orco

di Silvana De Mari

Ciclo dell’Ultimo Elfo
L’ultimo elfo
Gli ultimi incantesimi

Titolo: L’ultimo orco
Serie: L’Ultimo Elfo (2)
Genere: fantasy
Autore: Silvana De Mari (sito ufficialeWikipedia)
Nazione: Italia
Anno prima pubblicazione: 2005
Ambientazione: Varil, Daligar e altri luoghi fantastici
Personaggi: Rankstrail, Yorsh, Robi Erbrow
Casa Editrice: Salani
Copertina: Gianni De Conno
Pagine: 717
Provenienza: Libreria
Link al libro: IN LETTURAANOBIIGOODREADS
inizio lettura: 27 settembre 2013
fine lettura: 17 novembre 2013


Ora risorgiamo. Ora combattiamo. Ora liberiamo la nostra terra. Il vostro terrore finisce ora. Ora.

(Pagina 506)

Perché ho aspettato così tanto per continuare con questa meravigliosa saga?!?

Il romanzo è diviso in tre parti.
Nella prima, “L’Orso e il Lupo” conosciamo Rankstrail, il futuro Capitano dei Mercenari, e lo seguiamo nel suo percorso di formazione.
Nella seconda, “L’Ultima Fenice” ritroviamo Yorsh, Robi e gli altri orfani sfuggiti alla morte grazie al sacrificio dell’Ultimo Drago.
Infine, nella terza parte, “L’Ultimo Orco“, entriamo nel pieno della guerra per salvare il Popolo degli Uomini dall’invasione degli Orchi.

Avevo amato moltissimo L’ultimo elfo, e come sempre mi succede appena saputo che c’erano dei seguiti fremevo dalla voglia di leggerli. Però questo secondo romanzo non era ancora uscito in edizione economica, e un po’ per la mia solita passione per il risparmio, un po’ perché odio i libri con le copertine rigide, ho atteso uscisse in economica per comprarlo. E quando l’ho fatto, come al solito l’ho lasciato a prendere polvere in libreria. E ora non faccio che chiedermi perché ho aspettato così tanto per proseguire con questa magnifica saga!

La trama copre l’arco di diversi anni, e, contrariamente a quanto pensassi, la storia non inizia dopo il romanzo precedente: tutta la prima parte si svolge più o meno in contemporanea, e lo scopriamo quando ci giungono di sfuggita alcune notizie che ricordiamo dalla storia de L’ultimo elfo. Peccato che io la ricordassi così poco, mannaggia! Non riuscivo a cogliere bene i rimandi! Questo comunque non mi ha impedito di godermi appieno la storia!

Nella seconda parte facciamo finalmente un salto temporale (otto anni dopo) e ritroviamo i personaggi del primo libro come protagonisti. E, mi spiace dirlo, se da una parte mi ha fatto davvero piacere incontrare di nuovo Yorsh e sapere che ne era stato di lui, Robi e gli altri orfani, dall’altra ho trovato l’inizio di questa seconda parte un po’ meno interessante del resto. La storia dell’Ultima Fenice ricalca infatti da diversi punti di vista quella dell’Ultimo Drago (parlano anche allo stesso modo!) ma è molto meno interessante. Di sicuro la trama torna a farsi emozionante quando l’Elfo parte per… non so se considerare spoiler questa informazione, visto che comunque lo leggiamo nel prologo dove andrà… va bè, dai, non lo dico! :)

A differenza di moltissimi altri romanzi fantasy, De Mari non ha ritenuto importante fornire il suo libro di una mappa che illustrasse fisicamente l’ambientazione, e devo ammettere che a me è un po’ mancata perché mi confondevo a volte con la geografia del luogo, e non ricordavo mai qual era la reciproca collocazione delle due importanti città, Varil e Daligar. A parte questo comunque mi è piaciuto molto il regno creato per questa saga. Grazie ai viaggi di Rankstrail ne vediamo qualche scorcio, e anche se alla fine quello che più colpisce sono le varie persone che abitano i diversi luoghi, comunque anche le descrizioni fisiche mi hanno affascinato, specie, ovviamente, quelle delle due città, la Città Airone (Varil), con le risaie tutt’intorno e le varie cerchie concentriche di mura, e la Città Istrice (Daligar), con i pali di difesa sulle mura voluti da Sire Arduin.

Il segnalibro che ho usato durante la lettura. È il regalo di un’amica che per il suo compleanno ha deciso di lasciarci un “ricordino”. Ne parlavo QUI.

Ma come sempre (almeno per quanto mi riguarda) la vera forza di questo romanzo sta nei personaggi. Su tutti spicca Rankstrail, il nuovo protagonista il cui nome ho fatto fatica ad imparare, ma che mi ha conquistato fin dalla prima apparizione, quando lo vediamo bambino accompagnare la madre a consegnare a palazzo il bucato che lavava per mestiere, e scoprire il miele e l’importanza della gentilezza. Questa è forse la cosa che più ho amato di questo personaggio, il suo cammino di formazione, che continua anche poi quando diventa Capitano dei Mercenari. Rankstrail sembra sempre sapere come per intuito tutto ciò che riguarda la guerra e l’uso delle armi, ma impara a poco a poco da esperienze personali e esempi positivi, le cose importanti della vita. Queste sue prese di consapevolezza sono state le parti che più ho amato dei primi capitoli, e infatti quasi tutte le prime frase che potete trovare alla fine del post riguardano queste “scoperte” di Rankstrail. Ho veramente amato moltissimo questa importanza data a cose come educazione, gentilezza e rispetto per le persone, chiunque esse siano.

Torna Yorsh, l’Ultimo Elfo. Lo ritroviamo nella seconda parte del romanzo, scopriamo che si è stabilito sul mare, in un villaggio chiamato Erbrow in onore dell’Ultimo Drago morto per salvarli. Come ho detto incontrarlo di nuovo è stato un vero piacere! Così come è stato un vero shock vederlo morire! Non me l’aspettavo proprio! :'( E che fine tristissima. Onestamente pensavo che Yorsh sarebbe stato il personaggio che avrebbe fatto da collegamento a tutti i libri della saga, e invece non lo rivedremo più!!!

Altro personaggio protagonista è Robi, anche lei già conosciuta nel romanzo precedente. È la figlia dell’uomo e della donna che aiutarono Yorsh quand’era solo un bambino, e per questo furono giustiziati. Ritroviamo anche lei sulla baia di Erbrow, ma è solo più avanti, nell’ultima parte del romanzo, che Robi diviene protagonista. E che protagonista! È un personaggio straordinario! Sarà che l’avevamo lasciata ancora praticamente bambina, ma in questo romanzo l’ho come riscoperta, e amata moltissimo! È forse il personaggio più approfondito del libro, piena di forza e coraggio ma anche di insicurezze, rancori e piccoli egoismi. Ma soprattutto è una madre che, incinta del secondo figlio (anzi, secondi, perché sono gemelli) si ritrova alla guida di un esercito a combattere in prima linea contro gli orchi, perché non si è tirata indietro quando le hanno chiesto aiuto. Potrei ora raccontarvi tante altre cose su di lei, ma vi rovinerei il piacere di scoprirle leggendo il libro! :)

Anche tra i personaggi minori ce ne sono alcuni che mi sono rimasti impressi. Come per esempio il Siniscalco di Daligar (odioso fin dalla prima apparizione ma rivelatosi comunque interessante), il principe Erik di Varil (finalmente un aristocratico che non è né stupido né meschino!), lo stesso Sire Arduin di cui sentiamo sempre tanto parlare, e poi, soprattutto, Lisentrail: lo adoro, sempre con la battuta pronta, a prendere per gioco anche i momenti più drammatici, e in qualche modo riesce sempre a sapere tutto di tutti!

Infine, una menzione speciale per le Erinni, personaggi mitologici che mi hanno sempre affascinato, qui in una nuova, originale e inquietante versione.

Friend Request – Half Ogre in combat by *legendbourne on deviantART

Mi è piaciuto molto anche lo stile di De Mari, e il fatto che il romanzo cambi leggermente di registro man mano che la storia si evolve. Come ho già detto la prima parte si può paragonare ad un romanzo di formazione, la seconda è varia, comprende diversi tipi di narrazione, la terza è decisamente “epica”, con battaglie, sovrani e anche qualche storia d’amore. La connotazione epica è forse quella che mi ha colpito di più, e infatti la frase che ho scelto come citazione all’inizio del post rispecchia proprio questo aspetto del romanzo. Altra caratteristica che amo molto dello stile di questa autrice è che inframmezzate alle parti serie e spesso anche drammatiche ci sono piccoli momenti divertenti: una battuta, una situazione, un commento sagace, qualcosina che ti strappa sempre un sorriso anche se siamo in mezzo alla sciagura.

Una cosa invece non mi è piaciuta di questo romanzo: la necessità di deveganizzare i personaggi che, come Yorsh, si rifiutavano di mangiare qualcosa “che ha pensato, che ha corso, che ha avuto fame e che ha avuto paura della morte”. Capisco che era necessario ai fini narrativi, e che in un contesto del genere era una scelta difficile da mantenere, ma mi ha dato un po’ fastidio che la cosa fosse velocemente liquidata tipo “Essere vegetariani è sbagliato”, punto. Ma questa è davvero l’unica nota negativa che ho potuto trovare, poi, come ho detto, con chiare necessità narrative (Yorsh inizia a mangiare carne perché ha deciso di rinunciare alla sua immortalità), quindi diciamo che non c’ho poi dato tanto peso, ma ci tenevo comunque a sottolinearlo.

Non mi dilungo a parlare del carattere formativo (se così posso chiamarlo) del messaggio che più di tutti ho potuto cogliere da questo romanzo, perché ho già detto quanto ho apprezzato l’attenzione data all’importanza dell’educazione e della gentilezza. Dirò solo che un “sottotema” – se così lo posso chiamare – di aggiunta a questo era che la malvagità delle persone spesso deriva da una malvagità subita, e perfino gli orchi non sono del tutto cattivi, come dimostra la storia di Sire Arduin. E alla fine infatti la guerra sarà vinta con la misericordia invece che con la violenza.

La copertina, se devo essere sincera, non mi piace particolarmente. Ricordo che quando comprai il libro rimasi un po’ delusa perché non la trovavo per niente accattivante. Il titolo invece mi piace. È molto semplice, ma in linea con la serie che è dedicata agli “ultimi”. In più mi è piaciuto molto il senso di quell’ “ultimo”: metaforico e non letterale, ovvero non nel senso che gli Orchi sono stati sterminati e che ne è rimasto solo uno, ma che smettendo di trattare gli Orchi come tali, smetteranno di esserlo.

Commento generale.

Un romanzo davvero bello, degno seguito del bellissimo L’ultimo elfo. È stato bello rivedere i personaggi conosciuti e amati nel primo libro, e poterne conoscere e amare di nuovi. È stata dura resistere alle ingiustizie e alle disgrazie che capitano ai nostri protagonisti, ma è stato splendido ammirare la forza con cui comunque si sono risollevati ogni volta. Proprio una bella storia, piena di saggezza, spesso spicciola, come quella di Lisentrail, ma non per questo meno poetica.

Mini recensione in 5 parole

Epica fiaba piena di saggezza

Sfide

Un po’ di frasi

Mentre, alla testa dei Mercenari di Daligar, comandava l’inseguimento del Maledetto Elfo, il Capitano Rankstrail, detto l’Orso, cercò di ricordarsi da quanti anni lo inseguiva.
[incipit]
La scortesia è ferocia e stupidità insieme.
Dama Lucilla, signora di Varil
(Pagina 20)
Parlare era una cosa difficile. Non era solo questione di azzeccare i suoni. C’era dell’altro, che a volte restava indecifrabile, una capacità e una possibilità di fare del male anche senza averlo voluto. Quello che la Dama aveva detto era vero, Rankstrail lo aveva capito: la scortesia è pura ferocia, come un pugno o una pugnalata.
(Pagina 22)
Gli scrivani conservano la storia e questo è fondamentale: solo chi conosce il passato può capire il presente e solo chi capisce il presente può stabilire il futuro.
Lo Scrivano Folle
(Pagina 46)
Rankstrail pensò che chiamare qualcuno Signora o Signore poteva avere più valore delle monete sonanti o del dono di un airone.
(Pagina 72)
«Quello ha la bile nel sangue» ipotizzò Trakrail, forte della sua competenza nell’arte medica «Deve avere avuto i vermi e non glieli hanno curati bene».
«Quello ha la bile nell’anima» concluse Lisentrail, forte della sua competenza nello stare al mondo. «Deve essere nato cretino e sua madre non l’ha mai preso bene a ceffoni.»
(Pagina 97)
Solo a quelli che non fanno mai un accidenti di niente non si sciupa niente e tutto gli resta uguale. Anche Chi ha fatto l’Universo qualche dito e qualche dente, nell’impresa, ce li deve avere lasciati.
Lisentrail
(Pagina 105)
Tra tutte le cose assurde che gli erano successe, quella di avere un libro tra le mani sembrò a Rankstrail la più inimmaginabile, ma riconobbe che il vecchio aveva ragione. Era bello avere un libro tra le mani, vicino ai fuochi degli accampamenti, molto meglio che annoiarsi e aspettare che il tempo gli passasse sopra come l’acqua su un sasso. All’inizio impiegava un’intera sera per leggere poche righe, poi la fatica scomparve e le pagine cominciarono a correre veloci e lievi come lepri sulla neve sotto i suoi occhi attenti. Lo commuoveva avere tra le mani qualcosa che era stato scritto. L’uomo o gli uomini che avevano tracciato quelle parole erano diventati terra e cenere da anni, ma le parole erano rimaste e avevano valicato il tempo e la morte perché lui ora potesse conoscere le storie che raccontavano. I suoi uomini fecero un timido tentativo di derisione e poi passarono alla curiosità e alle domande. […] Qualche volta [Rankstrail] leggeva ad alta voce ed era come leggere tutti insieme.
(Pagine 115-16)
[Rankstrail] pensò che aveva scoperto una nozione fondamentale: sapere che qualcuno trova la nostra esistenza un pregio può essere più prezioso di una crosta di sesamo e miele.
(Pagina 138)
Yorsh: Vi lamentate perché siete ferita o malata? Il vostro pianto è straziante: qualsiasi cosa io possa fare per darvi sollievo…
La Fenice: Messere, lo canto mio è uno dei più sublimi suoni che esista sotto lo cielo, e anche sopra lo cielo, tra gli istessi Dei dello mondo intero.
Yorsh: Ci deve essere sfuggito.
(Pagina 252)
Il più alto destino degli uomini è l’avventura del sapere.
Yorsh
(Pagina 263)
Tu provaci sempre. Anche se è inutile. Per lo meno passi il tempo.
Il padre di Robi
(Pagina 309)
Gli Uomini perseguitavano, uccidevano, salvavano.
Erano a volte ben più crudeli degli orchi, ma la loro compassione poteva essere più grande di quella degli Dei.
Un pensiero di Yorsh
(Pagina 328)
Sempre meglio morire mentre stai facendo qualcosa di utile che mentre non c’è più niente da fare.
Meliloto e Palladio
(Pagina 342)
Il Capitano pensò che se mai avesse dovuto ordinare uno stemma araldico per qualche cosa, una contrada o un popolo, gli sarebbe piaciuto contenesse una gallina, simbolo del coraggio con cui la gente, guerra dopo guerra, nonostante tutto restava viva.
(Pagina 357)
Parlate ai pezzenti e ai reprobi con la stessa cortesia con cui parlate ai Re, con le stesse parole, e il mondo ritroverà da solo la giustizia senza bisogno di insanguinarlo.
Yorsh
(Pagina 385)
Rankstrail: E dove ce l’avevamo le corazze che scintillavano?
Lisentrail: Dentro, Capitano, ce le avevamo dentro. Ma per avercele, ce le avevamo.
(Pagina 606)
spoiler, pagine 616-17 Leggi
Secondo coloro che hanno scritto la storia dall’inizio del mondo, l’unico dono che gli uomini hanno avuto è stato la mancanza di doni. Gli Uomini non hanno potere sulla materia, ne hanno poco sullo spirito, mai avrebbero potuto cavalcare un drago, soffrono il dolore più di un Orco e il gelo più di un Elfo. Abituati alla propria pochezza, messi continuamente in ginocchio da una realtà incomprensibile e ingovernabile, gli Uomini hanno dovuto imparare il coraggio: non la temerarietà suicida e sanguinaria degli Orchi, ma il coraggio vero, quello di rialzarsi in piedi: qualsiasi cosa sia successa o succederà, in qualche maniera, ci si alza e si tenta di nuovo. L’unica strada che avrà il Popolo degli Uomini è piegare la materia mediante la comprensione. Forse prima o poi anche gli Uomini potranno accendere un fuoco con un gesto, annullare il dolore o fabbricare ali che li sostengano come un uccello o un drago. Il dono che gli Uomini hanno avuto è il coraggio di non mollare mai e ritentare sempre da capo una volta ancora.
Aurora
(Pagina 618)
spoiler, pagina 715 Leggi
explicit Leggi

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