Oro Verde

La straordinaria storia del tè
di Alan Macfarlane e Iris Macfarlane

Titolo: Oro Verde
Sottotitolo: La straordinaria storia del tè
Titolo originale: Green Gold: The Empire of Tea
Genere: saggio
Autore: Alan Macfarlane (sito ufficialeWikipedia) e Iris Macfarlane
Nazione: Regno Unito
Anno prima pubblicazione: 2003
Casa Editrice: Laterza
Traduzione: Valentina Palombi e Stefano Salpietro
Copertina: Senate
Pagine: 306
Provenienza: Omaggio
Link al libro: SITO UFFICIALEIN LETTURAANOBIIGOODREADS
inizio lettura: 25 ottobre 2014
fine lettura: 31 ottobre 2014


Oggi il tè è più diffuso di qualsiasi altro tipo di cibo o bevanda, a eccezione dell’acqua. […] Il consumo mondiale di tè equivale a quello di tutte le altre bevande prodotte complessivamente nel mondo: caffè, cioccolato, cacao, bibite effervescenti artificiali e bevande alcoliche.

(Pagina 36)

Consiglio vivamente questo libro a tutti i tea-addicted. A me è piaciuto veramente tanto!

Alan e Iris Macfarlane sono rispettivamente figlio e vedova di un direttore di una piantagione di tè in Assam (India). Viene esplorata la storia del tè, brevemente per quanto riguarda l’Oriente, più approfonditamente in Occidente, e principalmente, ovviamente, riguardo all’Inghilterra. Si parla delle condizioni dei lavoratori, dell’importazione, dell’importanza di questa bevanda in svariati aspetti della vita dei popoli che la bevono.

English Breakfast
Tè English Breakfast

Qualche tempo fa su un gruppo anobiano che purtroppo ora non esiste più qualcuno informò su questa iniziativa degli Editori Laterza: se ci si iscriveva alla newsletter, si riceveva gratuitamente un libro a scelta tra alcuni titoli. Il gruppo era a proposito di tè e libri, e l’informazione era quindi specificamente fatta per consigliare di prendere questo libro qui. Io ai libri gratis difficilmente riesco a dire di no, quindi lo presi. A quel tempo già mi piaceva molto il tè, anche se credo non ancora in modo maniacale come adesso, quindi stavolta devo dire che forse ho fatto bene ad aspettare e leggere questo libro al momento giusto, cioè ora.

Infatti mi è piaciuto moltissimo.

Ah, a proposito del mio amore maniacale per il tè… le foto presenti in questo post sono tutte mie! :)

Essendo un saggio non si può dire che abbia una trama, eppure comunque racconta una storia, la storia del tè. Il primo capitolo è l’unico scritto da Iris, e la donna ci racconta praticamente la sua vita come moglie di un direttore di una piantagione. Il tè compare poco, si parla molto più del colonialismo e delle condizioni di vita dei lavoratori autoctoni. Iris Macfarlane è comunque un personaggio interessante: educata in Inghilterra, è cresciuta imparando che gli indiani erano dei selvaggi, bruti e ignoranti, a cui gli inglesi stavano facendo un enorme favore “prendendo in gestione” il loro paese. E’ quindi ammirevole il modo in cui si sia rifiutata, una volta trasferitasi in India, di rimanere chiusa nel mondo “inglese” ma affacciarsi a quello degli assamesi, e scoprire così quanto c’era di falso nei pregiudizi che le erano stati inculcati.

Russian Black Tea with Strawberries and Cream
Tè nero con fragole e panna, dalla Russia

Il figlio Alan ha scritto tutti i restanti capitoli, uno più affascinante dell’altro.

Partiamo dai motivi per cui il tè è diventato così importante e diffuso: il principale è probabilmente il fatto che per bere tè si è costretti a bollire l’acqua, uccidendo così molti dei microrganismi che a quel tempo erano ben presenti nell’acqua comunemente bevuta. Quindi semplicemente il tè aumentava le chance di sopravvivenza di chi lo beveva, ed è stato così fino a qualche secolo fa, quando i moderni acquedotti hanno iniziato a portare acqua sicura nelle città.

Non si sa nulla di certo sull’origine del tè, ma probabilmente è nato nelle foreste tropicali dell’Himalaya orientale. All’inizio la Camelia sinensis era un albero, poi i primi coltivatori, con pazienza, l’hanno fatto diventare un arbusto. Comincia a diffondersi grazie ai monaci cinesi che lo usavano come medicinale. In principio si è diffuso moltissimo in estremo oriente, conquistando e modificando profondamente la vita dei popoli di due importanti nazioni, Cina e Giappone. Nel secondo, in particolare, il tè caratterizza molti aspetti della vita. Come dimenticare infatti l’importanza che la complessa cerimonia del tè detiene in quella cultura? Ricordo una frase del libro Shōgun: qualcuno si rivolge alla protagonista dicendole che è molto fortunata perché suo marito è un grande guerriero e un esperto di cerimonia del tè.

Maison Bertaux
Afternoon Tea alla Maison Bertaux

Non posso negare però che le cose hanno iniziato a diventare veramente interessanti per me quando entra in campo la Gran Bretagna. In Europa il tè viene menzionato per la prima volta nel 1559, ma arriva solo nel XVII secolo. E si diffonde davvero molto rapidamente, e in tutte le classi sociali. Nel 1717 Thomas Twining trasformò il Tom’s Coffee House in una sala da tè, il Golden Lyon, la prima del genere a Londra. (pp 87-88), e io lo ringrazio moltissimo perché le adoro! E sapete chi altro devo ringraziare? Anna, moglie del settimo Duca di Bedford (1788-1861), che incoraggiò l’abitudine di prendere il tè con dolci verso la metà del pomeriggio. (p. 89), inventando quinti l’antenato dell’Afternoon Tea. Queste e tante altre sono le curiosità e i piccoli ma importanti avvenimenti riguardanti il tè raccontati in questi primi capitoli. Un altra cosa che non sapevo, e ho trovato molto interessante, è che la ceramica relativa al tè come la conosciamo oggi, per la precisione la forma della teiera, è un’invenzione degli inglesi:

In Cina e in Giappone si beveva il tè in coppe prive di manici, ma gli inglesi erano già abituati a usare bicchieri e altri tipi di recipienti dotati di manici e preferirono adattarli all’uso di questa bevanda che andava servita bollente. Tradizionalmente, i cinesi mettevano in infusione il tè in una grande coppa, coprendola con un coperchio molto simile a un piattino e poi versavano il liquido in piccole ciotole che erano offerte agli invitati. In Gran Bretagna, la forma della teiera cinese fu modificata con l’introduzione di un beccuccio e, dal momento che si usava aggiungere al tè latte e zucchero, fu necessario fornire cucchiaini agli invitati. Si aggiunsero inoltre alle tazze piccoli piatti, su cui si potevano posare i cucchiaini, e si introdusse l’uso della zuccheriera e del bricco per il latte.
(Pagine 98-99) Quindi praticamente gli inglesi hanno modificato le ceramiche adattandole ai loro costumi, e la teiera col beccuccio ha funzionato talmente bene che anche cinesi e giapponesi l’hanno adottata, visto che le ceramiche orientali di oggi hanno sì ancora le tazze senza manico, ma la teiera è quella classica come la conosciamo noi.

Infine, l’ultima curiosità che ha particolarmente suscitato il mio interesse, è che Il primo annuncio pubblicitario di una merce apparso sulle pagine di un giornale londinese (il Mercurius Politicus del 1658) aveva come oggetto il tè. (p. 102).

Darjeeling Black Tea with Pomegranate
Tè Darjeeling Bianco con succo di Melograno.

Non è ovviamente tutta rose e fiori la storia degli inglesi con il tè, anzi… io voglio tanto bene al popolo britannico, ma non si può negare che abbiano rovinato il mondo! E la storia de tè non fa eccezione, con lo sfruttamento sistematico del suolo e della popolazione indiana, accumulando beni e ricchezze senza che nessun vantaggio sia mai stato allargato anche al continente indiano. Le date anche mi hanno sorpreso moltissimo: poco più di 100 anni fa c’era ancora una sorta di schiavitù in Assam, largamente permessa e accettata (addirittura i direttori delle piantagioni chiesero di escludere la manodopera delle piantagioni dalla legge, per non dover riconoscere loro gli stessi diritti dei lavoratori in madrepatria). Nell’ultima parte ci sono interviste a lavoratori odierni che sostengono si stesse meglio con gli inglesi che adesso, il che mi fa pensare che quindi almeno negli ultimi decenni, prima di andarsene dall’India, siano riusciti a migliorare un po’ la situazione, ma in ogni caso anche oggi l’Assam e in generale l’industria del tè è ancora piena di problemi. Mentre leggevo ho pensato più volte al commercio equo, sentendomi, da grande bevitrice di tè, un po’ più tranquilla al pensiero che la maggior parte del tè che bevo proviene da un circuito che rispetta i lavoratori. Verso la fine del libro è anche lo stesso Alan a parlarne:

Il principio del commercio equo, dove i profitti vanno interamente ai produttori*, dovrebbe essere preso molto seriamente in considerazione in rapporto a questo particolare tipo di piantagione. […] Si potrebbe fare in modo che i notevoli profitti delle compagnie del tè, e il piacere di chi lo beve, vadano a vantaggio di chi lo produce e che una parte della ricchezza generata dall’oro verde, che finora è stata convogliata in altre direzioni, serve ad aiutare il popolo assamese.
(Pagina 265)

Drink
Questo tè non mi ricordo cos’era.

Infine, anche se un po’ se n’è parlato durante tutti il libro, un intero capitolo è dedicato ai benefici del tè, e… finalmente! Una volta tanto una mano santa per chi è ipocondriaco come me! Di solito mi capitano libri che fomentano la mia ipocondria, invece questo libro qui praticamente sostiene (e non così tanto per dire ma con la prova di diversi studi a sostegno) che il tè è un po’ la panacea di tutti i mali! Certo, non tutto è chiaro e limpidissimo: ci sono un po’ di contraddizioni (per esempio uno studio indica il tè nero come adatto a combattere i tumori, un altro il tè verde; oppure il tè stimola l’intestino quindi fa bene contro le costipazioni, ma è anche astringente quindi fa l’effetto opposto in caso di diarrea) però fa niente, insomma, non mi capita mai che una cosa che faccio spesso e con piacere pare farmi anche tanto bene alla salute! Ma quali sono questi benefici del tè? Di tutto, veramente. A partire dalle liste che facevano i primi cinesi che lo usavano come medicina, passando da quelle britanniche per arrivare agli studi scientifici odierni, il tè fa bene per tutto, tanto per il corpo quanto per la mente. Una lista riportata sul libro, datata 1686 ad opera di T. Povey, un membro del Parlamento inglese, si conclude con Rafforza l’inclinazione a una giusta benevolenza (p. 73), e qualche secolo dopo Marlene Dietrich era d’accordo con lui (vedi le frasi in basso).

Insomma, io il tè lo bevo perché mi piace moltissimo, ma è bello sapere che probabilmente mi sta anche facendo un gran bene! Con la marea di studi che oggigiorno se ne fanno, qualcuno dovrà pure azzeccarci, no? :) E chissà che un giorno non si riesca a dimostrare una volta per tutto quello che Alan Macfarlane ipotizza:

L’aspetto più straordinario del tè è che potrebbe rivelarsi la più importante e potente sostanza medicinale mai conosciuta.
(Pagina 267)

Tea @ Dean Street Townhouse
Tea @ Dean Street Townhouse

Lo stile dei due Macfarlane è piacevole. Quello di Iris forse un po’ forzato in certi punti, ma abbastanza ironico in altri da compensare. Io non leggo i saggi con la stessa velocità con cui leggo la narrativa, per cui il fatto che ho finito questo libro in pochi giorni è sicuramente indice della sua scorrevolezza, oltre che ovviamente del fatto che l’argomento fosse molto interessante. Ci sono un po’ di ripetizioni, cioè le stesse cose vengono raccontate in capitoli diversi quando se ne ripresenta l’occasione, ma è veramente un difettuccio trascurabile, insieme al fatto (che odio moltissimo) che le note fossero tutte poste alla fine del libro. Mi sono piaciuti molto i titoli delle varie parti (Stregati, Soggiogati e Incarnati) e anche i poetici titoli di alcuni capitoli (per esempio “Spuma di giada liquida”, o “Tè, corpo e anima”). Molto belle anche le citazioni sul tè all’inizio dei vari capitoli: nell’ultimo c’è quella da Ristorante al termine dell’Universo di Adams che avevo adorato anch’io quando ho letto il libro!

La quarta di copertina del libro.

La copertina mi piace moltissimo, sembra un po’ un tessuto su cui sono poggiati foto, ritagli, documenti… come se fosse effettivamente il piano di lavoro di Alan e Iris Macfarlane nello scrivere questo libro. il titolo anche è molto bello: all’inizio pensavo che fosse un po’ un’esagerazione paragonare il tè all’oro, ma ho poi scoperto che in effetti, almeno nei secoli passati, è stato non solo un commercio estremamente redditizio, ma anche usato come preziosa merce di scambio.

Il segnalibro che ho usato durante la lettura mi è stato regalato da Tamsen in occasione del secondo scambio di segnalibri nel gruppo Readers Challenge. L’ho tenuto da parte tutto questo tempo perché intendevo usarlo proprio per questo libro qui!

Commento generale.

Un saggio scritto molto bene ed enormemente interessante, a patto che, ovviamente, vi piaccia almeno un poco il tè! Esplora svariati aspetti della sua storia e delle sue caratteristiche, e mi ha permesso di capire perché si può, in effetti, parlare veramente di Oro Verde.

Sfide

Mini recensione in 5 parole

Tè: una tazza ci salverà

Un po’ di frasi

Una delle cose che mi hanno maggiormente colpito durante i miei viaggi è stata l’importanza fondamentale del tè nella cultura giapponese. Dovunque andassimo, ci era offerto del tè e potemmo constatare fino a che punto questa bevanda aveva influenzato la religione, la ceramica e tutti gli aspetti della vita.
(Pagine XII-XIII)

Il tè aveva invaso la Gran Bretagna, diffondendosi rapidamente in tutti gli strati sociali, a partire dal 1730, cioè proprio nel momento in cui le malattie trasmesse dall’acqua avevano cessato di rappresentare una delle principali cause di morte. La bollitura dell’acqua, necessaria per la preparazione del tè, distrugge la maggior parte dei batteri nocivi.
(Pagina XIV)

Sono cresciuta con tutti i pregiudizi colonialisti tipici del mio ambiente ed ero anch’io convinta che «laggiù in India» vivevano persone dalla pelle scura e irrimediabilmente inferiori, che avevano la fortuna di essere governati da Noi inglesi.
[incipit]

Nella «teologia naturale» di Kipling era implicito il presupposto che il mondo sarebbe crollato se il tè fosse venuto a mancare per una settimana.
«Daily Telegraph», 1938
(Citazione all’inizio del capitolo “Storia di una passione”)
(Pagina 35)

#MyDailyCupOfTea #tea #tè #teacup

La passione per il tè presenta i caratteri di una vera e propria dipendenza che, tuttavia, si distingue nettamente da quelle indotte da altre sostanze: si tratta, infatti, di una forma di dipendenza più leggera, un’abitudine a cui è relativamente facile rinunciare. Ed è più universalmente diffusa. Inoltre, la dipendenza dal tè non nuoce ma per lo più giova alla salute di chi lo beve e passa generalmente inosservata sia tra i suoi consumatori abituali che tra gli altri.
(Pagina 35)

Il suo liquore è simile alla più dolce rugiada del Cielo.
Yu Lu, Il canone del tè
52

La famosa cerimonia giapponese del tè rappresenta la forma più estrema di ritualizzazione del consumo di un alimento o di una bevanda nella storia.
(Pagina 62)

La filosofia del tè non è un banale estetismo, […] poiché essa ci aiuta a esprimere, insieme all’etica e alla religione, il nostro modo di vedere l’uomo e la natura. La filosofia del tè è igiene perché richiede la più rigorosa pulizia; è economia perché dimostra che il benessere risiede nella semplicità piuttosto che nel complicato e pretenzioso; è geometria morale, in quanto definisce il rapporto tra i nostri sentimenti e l’universo.
Kakuzo Okakura, Libro del tè
(Pagina 66)

…la Gran Bretagna, dove il tè non è stato considerato solo una bevanda in grado di produrre piacevoli effetti sul corpo e sulla mente, ma ha assunto una sua peculiarità, è quasi diventato uno «stile di vita».
(Pagina 69)

Così l’abitudine di bere tè [in Gran Bretagna] alterò i ritmi di lavoro, lo status delle donne, la natura dell’arte e dell’estetica e forse anche il carattere nazionale.
(Pagina 96)

Gli inglesi hanno un cordone ombelicale che non è stato mai tagliato, attraverso cui scorre un flusso continuo di tè. E’ curioso osservarli in occasione di improvvisi eventi tragici, orribili o catastrofici. Il cuore sembra arrestarsi, tutte le membra paiono paralizzate, finché qualcuno non prepara velocemente «una buona tazza di tè», che non manca di produrre in breve tempo il suo effetto benefico e rinfrancante. E’ un vero peccato che non tutte le nazioni siano altrettanto consapevoli del potere del tè. Le conferenze sulla pace mondiale si svolgerebbero in modo molto più tranquillo se al momento opportuno fosse fatta circolare tra i partecipanti «una buona tazza di tè» o, meglio ancora, tutto un samovar.
Marlene Dietrich
(Citazione all’inizio del capitolo “Gli imperi del tè”)
(Pagina 181)

Si può ragionevolmente sostenere che le maggiori civiltà sviluppatesi negli ultimi dodici secoli non sarebbero potute diventare tali senza il tè e che ciò abbia favorito a sua volta lo sviluppo delle tecniche di coltivazione e di produzione di questa pianta.
(Pagina 182)

Green Tea with no caffeine

E’ strano davvero il dominio che i nostri organi digestivi esercitano sul nostro intelletto. Non riusciamo a lavorare, non riusciamo a pensare, se il nostro stomaco non vuole. Esso regola le nostre emozioni e le nostre passioni. Dopo un paio di uova al lardo, ci dice: «Lavora!». Dopo una buona bistecca innaffiata con birra, ci dice: «Dormi!». Dopo una tazza di tè (due cucchiaini per ogni tazza e non lasciate in infusione più di tre minuti), dice al cervello: «Ora sorgi e mostra la tua forza. Sii eloquente, profondo e duttile; guarda con occhio limpido la natura e la vita; spiega le tue candide ali di palpitante pensiero e innalzati sul mondo turbinoso quale spirito divino che spicchi il volo, attraverso le vie del cielo, tra le stelle scintillanti, sino alle porte dell’eternità!»
Jerome K. Jerome, Tre uomini in barca
(Citazione all’inizio del capitolo “Tè, corpo e anima”)
(Pagina 267)

Bevi il tè e i tuoi spiriti animali acquisteranno vivacità e limpidezza.
Antico detto cinese
(Pagina 269)

«No,» disse, «senti, è semplice, semplicissimo. Tutto […] quello che […] voglio è una tazza di tè. E tu me ne preparerai una. Adesso stai buona e ascoltami». Si sedette e raccontò alla Nutrimatica dell’India, della Cina e di Ceylon. Le parlò di grandi foglie che si essiccavano al sole, di teiere d’argento, dei pomeriggi d’estate passati sui prati, e di come si dovesse mettere il latte prima del tè nella tazza, in modo da non farlo scaldare troppo. Le raccontò perfino (brevemente) la storia della Compagnia delle Indie. «Ah, è dunque questo che vuoi?» disse la Nutrimatica quando lui ebbe finito. «Sì» disse Arthur, «è questo che voglio». «Vuoi sentire il sapore delle foglie secche bollite in acqua?». «Ehm, sì. Con latte». «Munto da una mucca?». «Be’, in un certo senso immagino di sì».
Douglas Adams
(Citazione tratta da Ristorante al termine dell’Universo, posta all’inizio del capitolo “Acqua stregata”)
(Pagina 285)

Ma non bisogna dimenticare le immense sofferenze e umiliazioni inflitte a milioni di lavoratori nelle piantagioni, i veri produttori di questo «oro verde», che finiva sempre per arricchire gli altri. E’ stupefacente pensare a ciò che si nasconde dietro una tazza di questo delicato liquido ambrato e verde, dall’aspetto così innocuo. Aveva ragione De Quincey, quando definì il tè «acqua stregata».
[explicit]


* Questa cosa non è del tutto vera: i profitti nel commercio equo, così come in quello tradizionale, sono divisi tra produttore, importatore e negozio in cui il prodotto è venduto; quello che fa la differenzia nel commercio equo è (detto così un po’ a grandi linee) che il prezzo viene deciso insieme al produttore, assicurandosi che sia veramente equo, cioè proporzionato al tipo e alla durata del lavoro: ci si assicura in pratica che non ci sia sfruttamento.

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