Orlando Furioso – Canto VII

Chi va lontan da la sua patria, vede
cose, da quel che già credea, lontane;
che narrandole poi, non se gli crede,
e stimato bugiardo ne rimane:
che ‘l sciocco vulgo non gli vuol dar fede,
se non le vede e tocca chiare e piane.
Per questo io so che l’inesperienza
farà al mio canto dar poca credenza.
(Incipit del Canto)

Canto VII illustrato da Valgrisi, 1556
Fonte: www.orlandofurioso.org
Canto interamente dedicato a Ruggiero che cade immediatamente nella trappola di Alcina: porello, dice Ariosto, è la magia che lo ha avvinto! Fatto sta che si infatua pesantemente della molto avvenente maga (ben 7 strofe per descrivere l’eccezionale bellezza di Alcina), si dimentica di Bradamante e se la spassa, mentre gli altri personaggi, ci dice il buon Ludovico, stanno in grandi ambasce, per esempio appunto proprio la povera Bradamante. La sua piccola parte è forse quella che mi è piaciuta di più del Canto: usa l’anello che la rende invisibile per cercare informazioni su Ruggiero nel campo nemico, e ancora una volta viene in suo soccorso Melissa. Prima piccola nota di stupore: è solo in questo Canto, e anche piuttosto in là, che viene fatto per la prima volta il nome della maga! Prima l’avevo letto solo nelle note, ma non me n’ero accorta! Seconda nota di stupore: Melissa è sicuramente un personaggio positivo, eppure essendo una che utilizza la magia, ha sempre un aspetto selvaggio e legami con l’Inferno. A quanto pare anche se usata per scopi nobili, la magia è sempre vista come qualcosa che proviene dal Diavolo.
Poiché stiamo parlando di Ruggiero e Bradamante, ogni tanto ci scappa di nuovo qualche lode a Ippolito e alla casata degli Estensi in generale. Addirittura al verso 39,4 vengono definiti semidei! Ma non starai un po’ esagerando, Ludovico? :)

La sopravesta di color di sabbia
su l’arme avea la maledetta lue:
era, fuor che ‘l color, di quella sorte
ch’i vescovi e i prelati usano in corte.

(Pagina 173, vv 4,5-8)
Questa è la descrizione dell’abbigliamento della gigantessa Erifilla. Tutto in lei è simbolico, come del resto tutto nel regno di Alcina, e in particolare Erifilla rappresenta cupidigia e avarizia, anche per il colore di quella sopravveste che, ci dice Ariosto, assomiglia a quella che vescovi e prelati utilizzato a corte. Se non fosse che la “generosa erculea prole” è un Cardinale, c’avrei visto in questi versi una frecciatina alla cupidigia clericale.
Alcuni brani di questo Canto mi hanno colpito per la vividezza di certe descrizioni. Per esempi questi versi:
e questi et altri, prima che la bella
donna vi sia, vani disegni fassi.
(Pagina 178, vv 25,5-6)
È Ruggiero che, innamorato perso di Alcina, la attende nella sua stanza, e nel frattempo “vani disegni fassi”, una descrizione bellissima di una cosa che penso accada un po’ a tutti noi, perché anche se non mi sono mai trovata nella situazione di aspettare la persona amata e immaginarmi mille motivi per il suo ritardo, mi è successo sicuramente di perdermi in tali autolesionistiche fantasticherie in altri ambiti. Insomma, mi riferisco alle cosiddette (scusate il termine ma non ne trovo uno che sia altrettanto efficace) “pippe mentali”, che evidentemente erano ben diffuse anche a quei tempi, e noi moderni non ci siamo inventati proprio niente.
Un altro brano che mi ha colpito per la vividezza dell’immagine rappresentata è questo:
Del gran piacer ch’avean, lor dicer tocca;
che spesso avean più d’una lingua in bocca.
(Pagina 179, vv 29,7-8)
Una descrizione certo non delicata né particolarmente metaforica bensì piuttosto esplicita, ma sicuramente efficace.
Alla fine Melissa grazie all’anello libera Ruggiero dall’incantesimo di Alcina, e lo guida verso la parte di isola dove regna la sorella buona.
Dirò ne l’altro canto che via tenne;
poi come a Logistilla se ne venne.

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