Due gialli di fine anno:
Il caso della canarina assassinata + Se morisse mio marito

A dicembre ho letto due libri gialli, iniziati insieme perché di solito ho in lettura un cartaceo e un ebook contemporaneamente, ma ho dovuto ad un certo punto lasciare il secondo e completare prima Philo Vance perché mi stavo confondendo, i due libri hanno alcune similitudini oltre al fatto di essere due gialli, per esempio entrambi coinvolgono delle attrici. E così ho deciso di commentarli nello stesso post perché non ho potuto fare a meno di confrontarli (spoiler: Agatha Christie m’è piaciuta molto di più).

Il caso della canarina assassinata

di S.S. Van Dine

Serie di Philo Vance
La strana morte del signor Benson
La fine dei Greene

Titolo: Il caso della canarina assassinata
Serie: Philo Vance (2)
Titolo originale: The Canary Murder Case
Genere: giallo
Autore: S.S. Van Dine, pseudonimo di Willard Huntington Wright (Wikipedia)
Nazionalità: statunitense
Anno prima pubblicazione: 1927
Ambientazione: New York, 10-18 settembre 1926
Personaggi: Margaret Odell (la Canarina), John F.X. Markham, Philo Vance, Ernest Heath, Dottor Lindquist, Skeel, Mannix, Cleaver, Spotswoode
Casa Editrice: Newton Compton
Traduzione: Marika Motta
Copertina: © knape/iStockphoto
Pagine: 258
ISBN: 978-88-541-4507-8
Provenienza: Amazon, 20 marzo 2014
Link al libro: GOODREADSANOBII
inizio lettura: 26 novembre 2018
fine lettura: 30 dicembre 2018


In realtà, sapete, non sono un vendicatore della società, ma se c’è una cosa che detesto è un problema insoluto.

Vance

Margaret Odell, soprannominata la Canarina, è un’attrice che sta spopolando al momento nei teatri di New York. Quando viene trovata morta nel suo appartamento, la difficoltà del caso suscita l’interesse di Philo Vance, giovane nobiluomo con l’hobby della deduzione.

Ho comprato questo libro perché cinque anni fa avevo letto il primo della serie con Philo Vance e mi era piaciuto un sacco. Purtroppo questo secondo mi ha invece deluso moltissimo. L’unica consolazione è che almeno questo significa che ho una serie in meno da seguire!

Louise Brooks interpretò la Vanarina nella trasposizione cinematografica di questo libro del 1929.
Immagine di garbobrooks

Il protagonista è quel tipo di detective geniale, saccente e presuntuoso che solitamente adoro, e che infatti avevo amato col precedente romanzo, ma che qui più che altro mi annoiato, con la sua fissazione che le prove materiali non sono importanti ma anzi fuorvianti, e alla fine quando lo vediamo provare ammirazione per il colpevole mi è diventato veramente, definitivamente, odioso!

Il motivo principale per cui non mi è piaciuto, però, è che arrivata al 25% del romanzo già sapevo chi fosse l’assassino, e non ho mai più avuto dubbi in proposito. Senza falsa modestia, non penso che questo sia dovuto al mio grande acume ma alla grande banalità dell’intreccio. In alcuni punti sembrava proprio che l’autore ci stesse dicendo chi era l’assassino, tanto palesi erano le allusioni! Ora io capisco che probabilmente quando è stato scritto questo libro l’espediente di fare del colpevole l’unico insospettabile magari non era ancora così famoso e diffuso come adesso, per questo non boccio in totale il libro, ma non si può negare che quando rileggo un bel giallo, di cui quindi già conosco l’assassino, mi godo comunque la lettura. In questo libro oltre alla scoperta del colpevole per quanto mi riguarda non c’è niente di più, e aver capito subito chi era l’assassino, molto prima del detective, mi ha reso la lettura dell’indagine molto noiosa. Ovviamente non avevo capito proprio tutto, avevo capito male com’era stata l’esecuzione ma anche Vance stesso lo scopre per puro caso! Che delusione!

Non butto comunque via tutto, qualcosa da salvare c’è. Il piano dell’assassino era di per sé interessante, se non fosse stata così chiara fin da subito la sua identità probabilmente sarebbe stato intrigante ragionarci sopra. E poi devo approvare il comportamento del procuratore Markham: anche se trova spesso assurde le idee di Vance, comunque gli dà fiducia tenendo conto di quanto l’ha aiutato in precedenza. Di solito i poliziotti di mestiere pensano sempre che il genio di turno sia un pazzo e nonostante abbiano sperimentato che ha sempre ragione lo deridono spesso finché poi non dà la soluzione (come accade infatti a Poirot nell’altro libro commentato in questo post).

La copertina di questa edizione della Newton mi piace davvero, con quel volto zittito così in primo piano. Il titolo mi aveva attratto moltissimo, anche se ammetto di essere rimasta un po’ delusa nello scoprire che Canarina era solo un soprannome!

Commento generale. Rileggendo il commento all’altro romanzo di Van Dine noto che molti degli aspetti che qui non mi sono piaciuti erano comunque anche presenti già lì, solo che o mi avevano fatto un effetto diverso, oppure non mi avevano disturbato la lettura. Quindi i casi sono due: o questa volta ho approcciato il romanzo in maniera diversa e in un periodo diverso che ha mutato il mio giudizio, oppure questo romanzo è effettivamente meno avvincente del precedente. In ogni caso non mi sento particolarmente interessata a continuare con la serie, ma ovviamente non si sa mai.

Mini recensione

Inaspettata delusione

Trasposizioni

La canarina assassinata (1929) di Malcolm St. Clair (versione muta) e Frank Tuttle (versione sonora)

Un po’ di frasi

Negli uffici della Squadra Omicidi del reparto investigativo del dipartimento della polizia di New York, al terzo piano della sede centrale di Center Street, c’era un grosso casellario d’acciaio; all’interno di esso, tra migliaia di altri incartamenti, si trovava una piccola scheda verde sulla quale era stampato a macchina: Odell Margaret. 184, Settantunesima Strada Ovest. 10 settembre. Omicidio: Strangolamento intorno alle ore ventitré. Appartamento saccheggiato. Gioielli rubati. Cadavere rinvenuto da Amy Gibson, cameriera.
[incipit]

L’omicidio non è un istinto di massa a eccezione del periodo della guerra, e in quell’occasione diviene uno sport osceno. Il delitto, vedete, è una faccenda personale e individuale.
Vance

Qualsiasi opera d’arte autentica ha una qualità che i critici definiscono élan, o più precisamente entusiasmo e spontaneità. Una copia o un’imitazione manca di caratteristiche, è troppo perfetta, troppo ben curata, troppo esatta.
[…]
Quanti delitti sono tecnicamente perfetti nel loro insieme?… Nessuno! Perché? Semplicemente perché nessun evento concreto in questa vita, nulla di spontaneo e di genuino, collima con la forma accettata in ogni dettaglio. La legge della casualità e dell’errore si fa avanti inesorabilmente.
[…]
E non c’è cosa perfetta, mio caro amico, che sia naturale e genuina.
Vance

Ognuno è un assassino nel cuore. La persona che non ha mai sentito il desiderio appassionato di uccidere qualcuno è senza emozioni.
Vance

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Se morisse mio marito

di Agatha Christie

Poirot
Peril at End House (Il pericolo senza nome)
Assassinio sull’Orient Express (Murder on the Orient Express) →

Titolo: Se morisse mio marito
Serie: Poirot (9)
Titolo originale: Lord Edgware Dies
Genere: giallo
Autore: Agatha Christie (sito ufficialeWikipedia)
Nazionalità: britannica
Anno prima pubblicazione: 1933
Ambientazione: Londra (Regno Unito), fine giugno-inizio luglio 1933
Personaggi: Hercule Poirot, Capitano Hastings, Jane Wilkinson, Lord Edgware, Carlotta Adams, Bryan Martin, Ronald Marsh, Geraldine Marsh, signorina Carroll, Jenny Driver, Donald Ross, Duca di Merton, Ellis, Ispettore Japp
Casa Editrice: Mondadori
Traduzione: Maria Teresa Marenco
Prefazione e postfazione: Julian Symons
Copertina: Karel Thole
Pagine: 198
Provenienza: Regalo, 11 giugno 2009
Link al libro: SITO UFFICIALEIN LETTURAGOODREADS
inizio lettura: 21 dicembre 2018
fine lettura: 31 dicembre 2018


È certo che se morisse mio marito, il problema sarebbe risolto.
Jane Wilkinson, aka Lady Edgware

(Pagina 13)
Il segnalibro che ho usato durante la lettura è stato realizzato da silvercat17.

Una sera a cena Poirot e Hastings vengono avvicinati da una famosa e bellissima attrice, Jane Wilkinson, che ha per Poirot una strana richiesta: vuole che la aiuti a liberarsi del marito.

Piccola premessa. Io adoro Agatha Christie, credo sia stata il primo autore “da grandi” che ho letto. Negli anni ho letto molti suoi libri in prestito, adesso li sto leggendo tutti in ordine cronologico comprando tutti quelli che mi mancano. E a volte capita, come in questo caso, che non riesco a ricordarmi se il libro l’ho già letto o no! Non ne ho proprio memoria, leggendo non mi è suonata nessuna campanella, tranne che in un punto quando (lo dico fuori di spoiler ma non approfondisco) viene nominato il giudizio di Paride.

Tutto questo per dire che forse si è trattato di una rilettura e, magari inconsciamente, ricordavo qualcosa perché anche qui come nel precedente la rivelazione dell’assassino non mi ha troppo stupito. Non ero così sicura come con Van Dine, ma quando si comincia a conoscere Christie si intuiscono anche gli schemi. Anche in questo caso, infatti, per esempio, l’assassino è la persona più sospettabile ma con l’alibi più perfetto e inattaccabile. Però qui l’interesse è rimasto sempre vivo, l’indagine l’ho seguita con piacere, e la soluzione finale, anche se in parte prevedibile, rimane comunque avvincente. Dice bene Julian Symons nella postfazione, a proposito del fatto che anche lui ha intuito facilmente l’identità dell’assassino: Ora, questo mio discorso non vuol mostrare la mia bravura ma quella di Agatha Christie. Nonostante avessi indovinato la soluzione, non ero in grado di fornirne le ragioni né di prevedere la meccanica. Questa secondo me è la grandezza di Agatha Christie: anche se i suoi romanzi sono spesso ripetitivi, la lettura è sempre emozionante e piacevole, almeno per me.

Il titolo italiano è abbastanza intrigante, quello originale, come spesso accade con Christie, piuttosto prosaico e banale. La copertina di questa mia edizione è quella Mondadori degli anni ’80. Mi piace abbastanza, ed è anche abbastanza pertinente con la storia. Qui di seguito, come sempre, alcune copertine italiane e inglesi (prese da Delicious Death).

Da sinistra verso destra.

La copertina della primissima edizione della Collins (1933), con il cadavere e… Poirot? seduto sulla sedia meditabondo? Non saprei.

Edizione Fontana/Collins (1954), rappresenta immagino la vedova allegra Jane Wilkinson. Su Delicious Death ci sono 3 diverse edizioni con questa immagine, e una, quella dell’anno precedente, un po’ spoiler perché la donna ha in mano tipo un punteruolo. Comunque abbastanza bella.

Altra edizione Fontana, stavolta 1970, piuttosto macabra, devo dire, ma efficace.

Ancora Fontana (1989) con riuniti alcuni oggetti su cui Poirot rifletterà durante il romanzo. Nel complesso, comunque, mi piace.

Sempre da sinistra verso destra.

Prima edizione italiana, credo Mondadori, del 1935. Ritrae, immagino, un Poirot sconvolto dalla proposta di Jane Wilkinson. Non capisco bene cosa c’è sullo sfondo. Non mi piace particolarmente, ma non è brutta.

Mondadori 1995, non mi piace particolarmente. Credo ritragga sempre, oltre a Poirot, la solita Jane Wilkinson, come nella precedente e nella mia.

Mondadori 2003, bella nello stile ma che c’entra il telefono?

Una delle ultime edizioni, Mondadori 2010, uguale a quella HarperCollins del 2007. Adoro queste copertine, mi piace moltissimo lo stile, ma la pistola non c’entra veramente veramente niente!

Commento generale. Un romanzo non eccezionale, ma sempre una lettura molto piacevole, un intreccio nonostante tutto avvincente, e un duo Poirot/Hastings davvero in gran forma!

Mini recensione

Un po’ scontato ma sempre avvincente

Un po’ di frasi

La memoria del pubblico è molto labile; perciò anche l’intensa curiosità e l’interesse vivissimo suscitati dall’assassinio di George Alfred St. Vincent Marsh, quarto baronetto Edgware, sono ormai caduti completamente nell’oblio.
[incipit]

«Noi tentiamo di farci un’opinione sui nostri simili e, nove volte su dieci, ci si sbaglia…»
«Non Hercule Poirot!»
«Anche Hercule Poirot. Oh, lo so che lei pensa che io sono un po’ presuntuoso, ma le assicuro che invece sono una persona molto umile!»
Scoppiai a ridere.
(Pagina 7)

[Poirot:] «Mi diverso sempre a esercitare la mia intelligenza.»
Avevo temuto un’allusione alle celluline grigie ma mi fu risparmiata.
(Pagina 20)

Amico mio, stiamo solo facendo delle ipotesi. È come provare dei vestiti. Va bene questo? No, è stretto di spalle. E quest’altro? Be’, va meglio ma è un po’ corto. E quest’altro è troppo largo. E così via, fino a trovare quello giusto…, la verità!
Poirot
(Pagina 57)

Pagina 190 Leggi
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