N.P.

di Banana Yoshimoto

“Sì, sono molto felice.”
Era la verità. Sentivo un amore struggente per ogni istante che passava.

N.P. (che sta per North Point) è il titolo di una raccolta di racconto di Sarao Takase, scrittore giapponese vissuto in America, morto suicida. Il libro è composto di 97 racconti, ma è stato ritrovato il 98°, scritto, come gli altri, in inglese. In molti vorrebbero tradurlo in giapponese, ma pare che una maledizione colpisca tutti quelli che ci provano.
Il fatto è che anche leggendolo in inglese quel racconto provoca emozioni potenti. Figuriamoci a viverlo…

Non so se questo romanzo mi è davvero piaciuto tanto da dargli il massimo delle stelline, ma di sicuro mi ha colpito moltissimo.
Di solito i libri della Yoshimoto, anche se di argomento triste, mi lasciano serenità, sia mentre li leggo che dopo averli finiti. Questo qui, invece, è molto cupo, anche un po’ angosciante. In più, c’è da dire che, almeno a quanto ricordo, mai con la Yoshimoto mi era capitato di trovare una trama che mi lasciasse in sospeso, col desiderio di leggere per sapere come proseguiva la storia!
Quindi, nonostante la narratrice la pensasse in maniera totalmente opposta a me su estate e autunno (adora l’estate e guarda con malinconia, quasi dolore, all’avvicinarsi dell’autunno, mentre io l’estate la detesto, e l’arrivo dell’autunno è ogni volta per me fonte di immensa gioia!), e nonostante il pensiero di uno dei personaggi che mi ha letteralmente scioccato*, il libro mi è piaciuto davvero molto!!

Poi, anche se non c’entra nulla con la trama, leggere questo libro mi ha fatto venire una gran voglia di assaggiare un mugicha! Non so se era stato nominato anche in altri libri e non c’avevo mai fatto caso, ma stavolta mi ha proprio incuriosito questa bevanda! Chissà se si trova anche in Italia…
Ultima cosa: nel post scriptum Banana ringrazia l’autore (o l’autrice? Coi nomi che finiscono per I sono sempre in dubbio!) della copertina originale del libro… come posso fare per vederla? Sono curiosa!!!! Quella italiana comunque non è male, con quei colori sparsi su fondo nero (che immagino si riferiscano alle sensazioni descritte a volte da Kazumi).

Voto per la sfida dell’alfabeto: 9/10

Scheda del libro

Titolo: N.P.
Titolo originale: NP
Autore: Banana Yoshimoto (sito ufficiale in inglese)
Nazionalità: giapponese
Anno prima pubblicazione: 1991
Ambientazione: Giappone, tempo presente
Casa Editrice: Feltrinelli
Traduzione: Giorgio Amitrano
Pagine: 162
Link al libro: ANOBII

Segnalibri: quello che ho usato durante la lettura (a destra) è stato realizzato da Willow.
L’ex-libris, invece, è stato realizzato da Lady Page.

Un po’ di frasi

Quello che sapevo era che Sarao Takase, oscuro scrittore, aveva vissuto in America, e durante la sua oscura esistenza aveva scritto una serie di racconti.
Che a quarantotto anni era morto suicida.
Che dalla moglie da cui era separato aveva avuto due figli.
Che i suoi racconti, raccolti in un volume, per breve tempo erano stati un best-seller in America.
Il titolo del libro: N.P.
Comprende novantasette racconti. Forse per l’incostanza dell’autore, il libro non è che il susseguirsi di storie brevissime, poco più di semplici bozzetti.
Queste cose le avevo sapute da Shōji, il mio ragazzo di un tempo. Era stato lui a ritrovare il racconto n. 98, mai pubblicato, e a tradurlo.

Nel gioco dei Centoracconti al termine della centesima storia accadeva qualcosa. Ma il racconto n. 100 sono stata io a viverlo durante l’estate. Ho la sensazione di averlo vissuto in prima persona, sulla mia pelle. Di essere stata risucchiata in un vortice d’aria nel cielo d’estate. Sì, tutto ciò che è accaduto durante quel breve periodo è stato un racconto.
[incipit]
Guardai il tentativo di realizzare l’amore fino in fondo da parte di una persona che impegnava tutte le sue risorse mentre viveva con un destino avverso, col suo spirito che chiamava il destino avverso.
Dopo aver scritto le possibilità sulla carta mi sono chiesta quale sarebbe stata quella a cui chiunque avrebbe pensato tranne me. Ed è questa. Ho la senzazione di aver aggirato il destino.


* è una cosa un po’ lunga e interamente spoiler, quindi la riporto qui in nota.
Verso la fine del libro, a pagina 143, Sui parla nella sua lettera a Kazami dei suoi timori sul figlio:
“Come sai, è un figlio di consanguinei.
Certo, se nascesse con tre occhi,
con una gambetta sola,
o, per disgrazia, con sei ditini a una mano, o con qualche altro difetto ancora più grave…”
Già fin qui, si tratta di un’immensa stupidaggine. Il figlio di consanguinei potrebbe avere qualche patologia che nella famiglia è latente, ma non nascerebbe certo un mostro come teme lei! Però, poi, dice anche di peggio:
“… sarebbe veramente un bel guaio, ma caso mai ci penserò al momento. Meglio non dirlo ad alta voce, ma si fa sempre in tempo a ucciderlo. Anche più in là.”
Ecco, mi ha scioccato veramente moltissimo questa frase, detta poi con una tale freddezza… Solo convincendomi che Sui stesse scherzando (conoscendo il personaggio e la sua stranezza, non è impossibile), ho conservato il voto alto al libro.

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