La svastica sul sole


di Philip K. Dick


La verità. Terribile come la morte. Ma più difficile da trovare.

Juliana Fink

Siamo negli anni ’60 di un mondo in cui la Seconda Guerra Mondiale è stata vinta dalla Germania e dal suo alleato Giappone. La due potenze si sono divise il pianeta, e in particolare gli Stati Uniti d’America: gli stati sul Pacifico sono dominati dai giapponesi, quelli a oriente dai tedeschi, e in mezzo ci sono gli Stati delle Montagne Rocciose, unici rimasti indipendenti. Seguiamo le vite di alcune persone, principalmente in California e in Colorado, americani, tedeschi e giapponesi, vite che arriveranno tutte, in modi diversi, ad una svolta, ad una comprensione, ad un Momento importante.

Qualcuno mi sa spiegare che acciderbolina c’entra “la svastica sul sole” con questo libro?!?! E per quale inspiegabile motivo non si può tradurre alla lettera un titolo semplice come “L’uomo nell’alto castello”?!?! Eppure dovrei essere abituata a certe assurdità! Ho letto che è stato pubblicato in italiano anche col titolo tradotto letteralmente, sempre dalla Fanucci: perché poi una marcia indietro e il ritorno al vecchio, ma scorrettissimo, titolo?

Va bè, lasciamo perdere, e concentriamoci sul titolo originale: l'”uomo nell’alto castello” è Hawthorne Abendsen, autore del libro La cavalletta non si alzerà più (quanto mi piacciono gli pseudobiblia!!!). La cavalletta è praticamente il corrispondente de La svastica in questa realtà alternativa, perché racconta di un mondo in cui la guerra è stata vinta dagli Alleati, e la Germania e il Giappone sono stati sconfitti. Il bello è che questo libro, lo scopriamo quando alcuni personaggi ne parlano o lo leggono, non racconta la Storia come la conosciamo noi, ma ne dà una versione ancora diversa, ancora una volta alternativa.

Pur essendo la trama concentrata su altre vicende, il pensiero de La cavalletta fa da fulcro a tutta la storia del libro, è visto di volta in volta come un mondo utopico, e terribile, o alla fin fine uguale a quello “vero” dei protagonisti: della serie “cambia il suonatore, ma la musica è sempre la stessa”.

Sia La cavalletta che La svastica sono allo stesso tempo libri ottimisti e pessimisti, speranzosi e disperati, realistici entrambi, pur essendo ucronie.

Ma torniamo a questo qui, a quello che ho letto, La svastica sul sole. A tratti, specialmente con i personaggi giapponesi, i pensieri si perdevano un po’ troppo (troppo ovviamente per i miei gusti) in considerazioni filosofiche, ma non mancano scene d’azione, e in gran parte del romanzo l’attenzione è sempre catturata dai vari personaggi, a cui non ho potuto fare a meno di affezionarmi, anche a quelli che mi erano un po’ antipatici. Il mio preferito è senz’altro il signor Tagomi: all’inizio anche lui non mi stava simpaticissimo, ma andando avanti nella lettura mi ha conquistato, è secondo me quello che più di tutti fa un taglio con il passato e capovolge il suo pensiero, trovando il coraggio di rompere gli schemi a cui non solo era abituato, ma che amava e riteneva necessari. Ad un certo punto del romanzo perde diverse pagine nella contemplazione di una spilla. Confesso di essermi annoiata parecchio in quel punto, e mi sono detta: se continua così, mi toccherà abbassare di una stella il mio giudizio! Invece poco dopo ecco che Tagomi si “riprende”, la storia mi cattura di nuovo, e non ho che lodi per il personaggio e la sua “ribellione”! :) Un esempio su tutti: il suo rispondere «Stronzate!» verso la fine, al console tedesco. Sembrerà poco, ma se si conosce il comportamento giapponese, la loro ossessione per l’educazione a tutti i costi, un’uscita del genere diventa veramente sconvolgente! :)

Bello il finale. Durante la lettura mi chiedevo se il romanzo sarebbe finito in sciagura, con la realizzazione delle peggiori ipotesi, oppure in maniera positiva, con l’aggiustamento in qualche modo della situazione. Invece il libro finisce sì con qualche sprazzo positivo per quanto riguarda la vita privata di alcuni personaggi (vedi il Tagomi di prima), ma in generale non dà soluzioni precise, non spiega quello che succederà, la tragedia è ancora dietro l’angolo, forse verrà sventata, forse no, non ci è dato di saperlo. Oltre a questo, c’è anche il fatto che la mia (piccola) vena romantica è rimasta soddisfatta dalle ultimissime righe, quando Juliana considera l’ipotesi di tornare da Frank! :)

Insomma, mi è piaciuto molto questo libro, come immaginavo nel raccontare il mondo “come sarebbe potuto essere se…”, Dick non fa altro che parlare del nostro, di come siamo e saremmo, comunque.

Un’ultima cosa, che esula un po’ dal tema principale del libro: Dick era un estimatore della cultura orientale, e si vede. Non solo perché le due potenze vincitrici, Giappone e Germania, sono enormemente diverse nel modo di governare i popoli sottomessi, e i giapponesi stessi odiano e provano disgusto per gli eccessi dei tedeschi, ma anche per esempio per l’enorme importanza data all’I Ching. E poi, ecco che di nuovo ho sentito nominare una parola giapponese conosciuta ne L’eleganza del riccio, ovvero wabi:

Un gusto davvero raffinato. E… così ascetico. Pochi mobili. Una lampada qui, un tavolo, una libreria, una stampa alla parete. L’incredibile senso giapponese del wabi. Inconcepibile, in inglese. L’abilità di trovare negli oggetti semplici una bellezza al di là dell’elaborato o dell’ornato. È qualcosa che ha a che fare con il modo di disporli.
Robert Childan

E ne La svastica sul sole ho scoperto una nuova parola, questa cinese, se non ho capito male, anche questa molto affascinate: wu, che significa (almeno a detta di Childan) “saggezza e comprensione”.

Proprio perché questa è una piccola insignificante massa informe, che non merita nemmeno di essere guardata; questo, Robert, contribuisce a far sì che possieda wu. Perché è un fatto assodato che il wu si ritrovi solitamente nei luoghi meno appariscenti, come nell’aforisma cristiano “le pietre scartate dal costruttore.” Si avverte la consapevolezza del wu in oggetti di nessun valore come un vecchio bastoncino o una lattina arrugginita di birra all’angolo della strada. Comunque, in questi casi, il wu è dentro chi guarda. È un’esperienza religiosa. Qui un artigiano ha messo wu dentro l’oggetto, piuttosto che essere testimone passivo del wu all’interno di esso.
Paul Kasoura

Il segnalibro che ho usato durante la lettura mi è stato regalato da Serena in occasione della II Edizione de “La catena dei desideri” nel gruppo Readers Challenge, insieme al libro Il castello dei destini incrociati. Ho preferito però usarlo per questo libro, perché l’altro era così piccolino che un segnalibro così non era molto comodo! :)

Titolo: La svastica sul sole
Titolo originale: The Man In The High Castle
Genere: ucronia
Autore: Philip Kindred Dick (sito ufficiale)
Nazionalità: statunitense
Prima pubblicazione: 1962
Casa Editrice: Fanucci
Traduzione: Maurizio Nati
Pagine: 293
Link al libro: GOODREADSANOBII
inizio lettura: 12 marzo 2010
fine lettura: 28 marzo 2010

Grazie a…

My Library, la cui recensione mi ha fatto venire voglia di leggere questo libro.

Sfide

Un po’ di frasi

Da una settimana il signor R. Childan teneva d’occhio ansiosamente la posta. Ma il prezioso pacchetto inviato dagli Stati delle Montagne Rocciose non era ancora arrivato. Il venerdì mattina, quando aprì il negozio e vide sul pavimento solo lettere pensò: il mio cliente si infurierà.
[incipit]

3 pensieri riguardo “La svastica sul sole

  1. philip k dick è un grande, avevo letto il suo “ma gli androidi sognano pecore elettriche?” e prima o poi volevo leggere anche questo. (Tra l’altro è quello da cui hanno tratto Blade Runner, che pure come titolo -e trama- non c’entra una ceppa!)

  2. Per la verità, ho comprato questo libro qui in occasioni di una campagna di sconti della Fanucci, solo perché “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” non era disponibile! ;)
    E’ nella mia wishlist da molto, perché Blade Runner mi è piaciuto parecchio come film, però avevo già sentito dire che era molto diverso dal libro. Poco male, vorrà dire che il libro me lo godrò di più! :)

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