I fiori blu

di Raymond Queneau

Titolo: I fiori blu
Titolo originale: Les fleurs bleues
Autore: Raymond Queneau
Nazione: Francia
Anno prima pubblicazione: 1965
Ambientazione: Francia; 1264, 1439, 1614, 1789, 1964
Personaggi: Duca d’Auge, Cidrolin
Casa Editrice: Einaudi (ET)
Traduzione: Italo Calvino
Copertina: Osvaldo Licini, Il filosofo, olio su tela, 1053, particolare
Pagine: 274
Link al libro: ANOBIIGOODREADS
inizio lettura: 8 marzo 2012
fine lettura: 23 aprile 2012


— Dove vuole che la porti, signoria?
— Lontano! Qui il fango è fatto dei nostri fiori.
— … dei nostri fiori blu, lo so. E allora?
Demostene e il Duca d’Auge

(Pagina 4)

Nel 1264 il Duca d’Auge osserva dalle mura del suo castello la storia disfarsi e fondersi insieme. Attraverso i secoli lo vediamo svicolare dai più importanti avvenimenti storici, cercando solo un buon pasto e un luogo comodo per riposare, e sognare. E sogna un uomo di nome Cidrolin che vive su una chiatta nella Parigi del XX secolo, beve essenza di finocchio e ama fare la siesta dopo mangiato. E mentre dorme, sogna di un certo Duca d’Auge…

Non avevo mai letto Queneau, ma ne avevo sempre sentito parlare molto, in bene e in male, tanto che non sapevo proprio cosa aspettarmi da questo romanzo. Già dalle prime righe, comunque, ho potuto farmi un’idea, e ho capito che a questo autore piace un sacco giocare con il linguaggio. Non per niente ha scritto un libro intitolato Esercizi di stile! Lo stile di Queneau è infatti quello che più caratterizza questo suo romanzo (e, immagino, anche gli altri suoi scritti) e a volte è forse anche un po’ “eccessivo”, tanto che lo troverei disturbante se non fosse così divertente! :)

I Celti con aria gallicana, i Romani con aria cesarea, i Saraceni con aria cerealicola, gli Unni con aria univoca, i Franchi con aria sorniona, i Vandali con aria vigile e urbana. I Normanni bevevan calvadòs.
(Pagina 5)

E in un romanzo del genere uno potrebbe pensare che il succo sta tutto in questi ghirigori linguistici, e la trama diventa quasi superflua. E invece non è così! Certo la storia de I fiori blu non è un racconto normale, come si può già dedurre dalla trama: c’è un uomo che quando dorme sogna un altro uomo che quando dorme sogna lui. Uno attraversa le epoche con salti di 175 anni ogni volta, l’altro vive sulla sua chiatta, senza allontanarsi mai di tanto, con l’unica peculiare occupazione di ridipingere lo steccato imbrattato quasi quotidianamente da un anonimo accusatore. Quale dei due è il sognato e quale il sognatore? Difficile dirlo, anche quando dopo l’ennesimo salto temporale il Duca si ritrova nel 1964 e conosce Cidrolin. L’incontro porterà scompiglio nella vita di quest’ultimo, che si ritroverà infine smascherato come autore dei famosi insulti a se stesso che poi ogni giorno si dilettava a cancellare, e si vedrà portar via la chiatta dal Duca e il suo seguito. Questi, novello Noè, si arenerà su una torre durante un diluvio, e al ritirarsi delle acque lo rivedremo come nell’incipit ad osservare la situazione storica mentre dei piccoli fiori blu spuntano dal fango.

Il segnalibro che ho usato durante la lettura. L’ho scelto perché, banalmente, rappresentava un fiore blu! :)

Quindi, un romanzo dalla trama “strana” e articolata, piena di cambi repentini di ambientazione e personaggi, in più scritto con uno stile ricco di giochi di parole, assonanze, neologismi, invenzioni. Come si fa a tradurre una cosa del genere in un’altra lingua? Bè, la risposta è semplice: ci si affidai a un genio, qualcuno che sia scrittore anche lui, possibilmente sulla stessa lunghezza d’onda di Queneau. Ma anche così la sfida è notevole. Per fortuna qualcuno l’ha colta, e mica uno qualsiasi: la traduzione di questo romanzo è infatti opera di Italo Calvino. Fin dalle prime parole si può apprezzare l’incredibile lavoro fatto da Calvino, veramente una traduzione eccelsa. Questo è probabilmente l’unico caso in cui leggendo ho pensato: per rendere questo pezzo in italiano sicuramente Calvino ha dovuto fare dei cambiamenti, e magari anche inventare qualcosa, e ha fatto proprio bene! Solitamente invece io desidero che la traduzione sia il più fedele possibile all’originale, ma con un testo come questo è inconcepibile fare altrimenti per rimanere fedele allo stile di Queneau. Come dice lo stesso Calvino, ha dovuto usare la traduzione «inventiva» (o per meglio dire «reinventiva») che è l’unico modo d’essere fedeli a un testo di questo tipo. E, tra l’altro, penso che un lavoro del genere in lingue diverse come struttura dall’italiano e dal francese (come per esempio l’inglese) ottenere un testo così fedele all’originale sia forse davvero impossibile!

Alla fine del romanzo c’è una “Nota del traduttore” in cui Calvino spiega come sia maturato in lui il desiderio di tradurre l’opera di Queneau: Appena presi a leggere il romanzo, pensai subito: «È intraducibile!» e il piacere continuo della lettura non poteva separarsi dalla preoccupazione editoriale, di prevedere cosa avrebbe reso questo testo in un traduzione dove non solo i giochi di parole sarebbero stati necessariamente elusi o appiattiti e il tessuto di intenzioni allusioni ammicchi si sarebbe infeltrito, ma anche il piglio ora scoppiettante ora svagato si sarebbe intorpidito… […] Il problema era di rendere il meglio possibile le singole trovate, ma farlo con leggerezza […] perché in Queneau anche le cose più calcolate hanno l’aria d’esser buttate lì sbadatamente. Insomma, bisognava arrivare alla disinvoltura d’un testo che sembrasse scritto direttamente in italiano, e non c’è niente che richieda tanta attenzione e tanto studio quanto rendere un effetto di spontaneità.

Bè, caro Italo, mi sento di affermare che sei riuscito pienamente nel tuo intento! Il testo è godibilissimo, si notano sia il “piglio scoppiettante” che quello “svagato”, come dici tu, e la spontaneità non è mai venuta meno!! :)

Il libro cercava di coinvolgermi nei suoi problemi, mi tirava per il lembo della giacca, mi chiedeva di non abbandonarlo alla sua sorte, e nello stesso tempo mi lanciava una sfida.

Bè, grazie davvero signor Calvino per aver deciso di raccogliere la sfida, e averci permesso di leggere in italiano il libro di Queneau! A me è piaciuto avvero molto, e il mio giudizio complessivo sul romanzo e su Queneau in generale è senz’altro positivo! Sono rimasta invischiata nella staffetta onirica tra Auge e Cidrolin, e sono stata conquistata dalla genialità dello stile. Mi ha intrigato il mistero delle scritte sulla staccionata, e quello delle pitture parietali dei preadamiti – uh, guarda la coincidenza, sempre di anonimi graffitari si parla! :).

Non sapevo se dare a questo libro il massimo delle stelline o no. Come ho detto mi è piaciuto moltissimo, però non è proprio il mio genere, non è uno di quei libri che ti tengono incollata alla pagine, che quando li chiudi non vedi l’ora di tornare ad aprirli… però mi ha entusiasmato parecchio, e sicuramente lo consiglierei a tutti, quindi, sì, alla fine ho deciso: è da 5 stelline! :D

Copertina e Titolo
La copertina presenta un disegno assai strambo, molto attinente, secondo me, al tipo di romanzo! :)
Il titolo mi ha lasciata parecchio nel dubbio: questi famosi fiori blu compaiono solo all’inizio e alla fine del romanzo, e non rivestono un ruolo particolarmente importante, anzi, diciamo che non hanno proprio un ruolo. Il solito Calvino mi è venuto in aiuto anche con questa curiosità, infatti nella “Nota del traduttore” spiega innanzi tutto che l’esatta traduzione di Les fleurs bleues sarebbe “I fiori azzurri”, ma che ha ritenuto che “I fiori blu” suonasse più queneauiano, e poi racconta che ebbe anche lui questa curiosità sul significato e chiese lumi direttamente a Queneau. Questi rispose che il significato francese dell’espressione indica ironicamente le persone romantiche, idealiste, nostalgiche d’una purezza perduta. Ma cosa c’entra questo col romanzo Queneau non lo spiegò, e restò un mistero perfino per Calvino! :)

Dammi 3 parole

Bello, ottima traduzione
Grazie a…

MY LIBRARY, la cui recensione mi ha fatto venire voglia di leggere questo libro.

Sfide

Un po’ di frasi

Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d’Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la sua situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca corrente. Si disegnavano all’orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I Normanni bevevan calvadòs.
Il Duca d’Auge sospirò pur senza interrompere l’attento esame di quei fenomeni consunti.
Gli Unni cucinavano bistecche alla tartara, i Gaulois fumavano gitanes, i Romani disegnavano greche, i Franchi suonavano lire, i Saracineschi chiudevano persiane. I Normanni bevevan calvadòs.
[incipit]

Io l’autostop lo faccio solo coi tassì. E’ più caro.
Cidrolin
(Pagina 11)

— Insomma, non ci vuoi andare a sbudellare il MostanserBillah?
— Che si sbudelli per conto suo, sire, è la mia ultima parola.
Il Re e il Duca d’Auge
(Pagina 15)

Uccello che parla verba volant.
Uno dei proverbi d’estesa salacia sorti dal fondo profondo tanto folle quanto clorico della sapienza îldefrancese
(Pagina 24)

I miei sogni rivestono un particolare interesse. […] I miei sogni, li scrivessi, farebbero un romanzo.
Cidrolin
(Pagina 145)

— Potrebbe raccontarmi la storia di qualcun altro…
— Se la raccontassi vorrebbe dire che m’interessa. E se una storia m’interessa, è come se fosse la mia storia.
Cidrolin e Lalice
(Pagina 148)

Una cosa che non esiste non è mica detto che sia una stupidaggine.
Il Duca d’Auge
(Pagina 168)

I due cavalli erano legati fuori, al palo d’un divieto di sosta. I passanti al vederli si trasformavano per qualche istante in curiosi, poi ritornavano alla loro primitiva natura.
(Pagina 255)

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4 pensieri riguardo “I fiori blu

  1. Calvino è proprio un traduttori di classe, non c’è che dire :D
    So che concordiamo sull’importanza di una traduzione ben fatta, visto come hai commentato sul mio blog, quindi non mi dilungherò sull’argomento :)

    Di Queneau conoscevo gli esercizi di stile, che adoro alla follia – mentre de “I Fiori Blu” avevo solo sentito parlare, ma dopo questa tua bella recensione me lo sono segnata sulla WishList! Amo i giochi di parole, l’ironia sottile… Insomma, sembra proprio il libro adatto a me :)

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