L’ultima amante di Hachikō


di Banana Yoshimoto

Titolo: L’ultima amante di Hachikō
Titolo originale: ハチ公の最後の恋人 (Hachikō no saigo no koibito)
Genere: narrativa
Autore: Banana Yoshimoto (vero nome Mahoko Yoshimoto – sito ufficialeWikipedia)
Nazionalità: giapponese
Prima pubblicazione: 1996
Ambientazione: Tokyo, Giappone; anni 90 del XX secolo
Personaggi: Mao, Haci (Hachikō)
Casa Editrice: Feltrinelli
Traduzione: Alessandro Giovanni Gerevini
Copertina: © Liam Bailey/Photonica
Pagine: 110
ISBN: 88-07-81549-4
Provenienza: preso in scambio da un anobiiano il 30 settembre 2009
Link al libro: IN LETTURAGOODREADSANOBII
inizio lettura: 24 giugno 2019
fine lettura: 26 giugno 2019


Ci sono periodi in cui tutto cambia […]. Ogni cosa ha un tempo e un luogo per cambiare. Che ci piaccia o meno.
Hachi

(Pagina 78)

Mao è un’adolescente che fugge dalla comunità religiosa della sua famiglia, e incontra Hachi e la sua ragazza, altri due adolescenti (o poco più) che sono da soli e decidono di ospitarla. Mao accetta e inizierà a formarsi così un forte legame tra lei e Hachi, specie perché la nonna della ragazza le aveva preetto che un giorno sarebbe stata l’ultima amante di un uomo chiamato Hachikō (diminutivo di Hachi).

C’è stato un periodo della mia vita in cui appena usciva un nuovo romanzo di Banana Yoshimoto correvo a comprarlo (per modo di dire, perché in realtà aspettavo sempre l’edizione economica). Anche se magari alcuni suoi libri lasciavano in me un’impressione tiepida, comunque mi piaceva moltissimo. Poi ho letto Delfini, ed è stata un’esperienza così deludente che pensavo di avver chiuso definitivamente con Banana. Però in passato mi era piaciuta tanto e questo libro lo possedevo già anche da prima di Delfini che invece di darlo via ho pensato di dare a questa autrice un’altra possibilità. Diciamo che ho fatto bene perché così almeno adesso posso definitivamente chiudere il rapporto con lei senza rimpianti.

Lost lover by Ophelia-Overdose

In questo romanzo non c’è una vera e propria trama: Mao, la protagonista e narratrice, ha un problema, e tutto il libro è la sua crescita nel suo tentativo di superarlo. Ma questo è tipicissimo di Banana Yoshimoto, quindi sicuramente il problema non sta nella mancanza di azione o di una vera e propria storia.

L’ambientazione non è male, penso sia la cosa che mi è piaciuta di più. Anche la pesante componente soprannaturale non mi ha disturbato più di tanto (la nonna di Mao era una veggente, e dopo morta Mao vede il suo fantasma, e anche Hachi da come parla pare abbia qualche dote di medium). A parte questo, poi, c’è il Giappone, e questo è sempre un punto a favore. Non lo vediamo proprio tantissimo, ma le parti in cui c’era un po’ più di immersione nell’atmosfera erano sempre le mie preferite. Per esempio quando i protagonisti vanno fuori città e soggiornano in un ryokan*, oppure la menzione dell’Aoyama Book Centre, una catena di librerie la cui filiale di Tokyo resta aperta tutta la notte: meraviglia!!!

I personaggi sono così così. La protagonista-narratrice è un’adolescente che per via della sua peculiare situazione familiare è piuttosto matura. In generale non mi è dispiaciuta, però non mi ha coinvolto, non sono entrata in sintonia con lei, tanto che non riusciva mai a importarmi troppo dei suoi dolori. Gli altri personaggi erano assolutamente secondari, e tutti abbastanza pallidi, forse solo il fantasma della nonna mi intrigava un po’ di più, ma era molto molto marginale.

Lost Lovers by Ben SOULET

Lo stile è un po’ il punto dolente. E qui probabilmente è mutato proprio il mio gradimento, perché non mi sembra molto diverso da quello che ricordo nei romanzi che pure mi erano piaciuti tanto. Non l’ho trovato irritante o noioso come mi era successo con Delfini però non mi è neanche veramente piaciuto. È stato un po’ un continuo “meh”, né bello né brutto, né piacevole né odioso. Tranne che per una cosa: anche stavolta sono rimasta un po’ stupita da certi pensieri della narratrice riguardo alla gravità di certe situazioni, che vorrei proprio capire se è un pensiero proprio di Banana Yoshimoto o della sua cultura o che so io. Mi riferisco alla leggerezza con cui viene trattato il tema dello stupro. Tra l’altro la cosa che più mi stranisce è che Banana inserisce in questo romanzo il personaggio di Alessandro Giovanni Gerevini che sarebbe il traduttore italiano di molti suoi libri tra cui pure questo. Spero che lei abbia solo preso in prestito il nome e nient’altro, perché è un personaggio parecchio viscido. Non sto qui a raccontare tutto ma dirò solo che Mao racconta di come lui non l’abbia mai violentata perché non voleva far piangere la fidanzata, e si sia quindi limitato a spiarla mentre si faceva il bagno (Mao qui ha 17 anni e Gerevini credo sia di mezz’età), e commenta dicendo “è proprio vero, gli italiani sono dei gentiluomini”. Non so, per me certe cose non si dovrebbero dire neanche per scherzo, ma qui nessuno scherzava, davvero c’era la possibilità che quest’uomo la stuprasse, e per lei era assolutamente normale.

Il segnalibro che ho usato durante la lettura.

La copertina non è brutta, ma non sono riuscita bene a capirla e quindi in sostanza non è che mi sia piaciuta tanto. Il titolo è sicuramente attinente, non brutto ma pure qui niente di che.

Commento generale.

È giunto finalmente il momento di rendermi conto che quello con Banana Yoshimoto è stato in passato un bel rapporto, ma è naufragato da un pezzo e senza rancori direi che può finire qui. Il libro non l’ho odiato, alcune cose mi sono anche piaciute, certi momenti li ho trovati molto significativi. Come per esempio verso la fine quando Mao supera il suo dolore prendendo finalmente consapevolezza in un bel giorno di autunno mangiando le caldarroste: è stata una bella immagine. Ma in sostanza il libro mi è piaciuto? No. Nel complesso lo definirei tiepido: si è fatto leggere con facilità ma non mi ha lasciato nulla, né nel bene né nel male. Addio Banana, è stato bello finché è durato, ma è ora di andare avanti e accettare il fatto che non fai più per me.

Mini recensione

Il mio addio a Yoshimoto

Sfide

Un po’ di frasi

Non che odiassi particolarmente la vita, eppure la visuale che si rifletteva nei miei occhi era sempre lontana e sfumata come in un sogno. Percepivo le cose in modo innaturale, estremamente vicine o remote.
[incipit]

Se si sperimenta anche un solo istante di amore intenso verso se stessi, l’odio nei confronti della vita se ne va.
(Pagina 23)

A questo mondo ci sono persone con cui non si riesce ad andare d’accordo qualunque cosa si faccia, neanche con i salti mortali, no? […] Eppure anche loro muoiono. Esattamente come noi, si arrabbiano, piangono, si innamorano e muoiono. Se la pensi così, ti viene da perdonarli, non riesci più a odiarli. Finisce che li osservi da lontano. È come se li guardassi dall’alto del cielo. Se la luce e le nuvole sono belle, anche loro ti sembrano belli. Se la brezza è piacevole, li perdoni. Quasi quasi riesci a pensare che ti piacciono.
(Pagina 44-45)

Haci stava dando libero sfogo alle sue emozioni in modo da non pentirsene in futuro. Si trattava di una tecnica efficace per esaurire la tristezza del presente.
(Pagina 63)

explicit Leggi


* ryokan: albergo in stile tradizionale giapponese (dalle note alla fine del libro).

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