Mercoledì al Museo (19): Tempio di Hatshepsut

L’arte è forma, cioè immagine, e storia allo stesso tempo: storia di artisti, di persone, di popolazioni, di tempo che passa, storia di mode che cambiano, di vicende personali e collettive fatte di gioie e di dolori, è la sintesi del mondo e dell’uomo, è piacere istintivo e raffinata cultura insieme.
[Da La storia dell’arte 1) di Cottino, Dantini, Guastalla]
Questa rubrica sarà postata di mercoledì, ma sicuramente non ogni mercoledì. Si parla di arte, di artisti, di musei, di archeologia, di architettura… tutti argomenti che mi appassionano ma di cui non sono sicuramente un’intenditrice. Lo scopo di questa rubrica è quindi fare una chiacchierata su cose che vedo, sento, leggo, eccetera. Spero vi piacerà! :)

Riesumo questa rubrica che non scrivevo da anni: si vede proprio che sono in vacanza, oltre a venirmi voglia di leggere la storia mi è anche venuta voglia di rimettermi a leggere di arte. E così sono ripartita dove avevo lasciato con la Storia dell’Arte, ovvero con l’arte egizia. Visto che non la postavo da tanto, magari vale la pena precisare che in questa rubrica parlo di cose che mi sono piaciute e mi hanno colpito, non sono un’esperta e non sono in grado di fare lezioni d’arte, qui si chiacchiera soltanto.

Tempio funerario di Hatshepsut [Fonte: Wikipedia]

Pensando all’architettura egizia la cosa che salta per prima in mente sono le piramidi. Forse proprio per questo pur trovandole estremamente affascinanti leggendo dell’arte egizia mi hanno intrigato di più i templi, di cui sapevo molto poco, e per questo ho deciso di dedicare a uno di loro questo post.

Mi rendo conto che ho una predilezione per l’architettura, che dal vivo è la forma d’arte che mi emoziona di più. Anche a distanza mi affascina sempre moltissimo, e così è stato per i templi egizi.

In Egitto i templi erano completamente chiusi ai fedeli. Un po’ triste pensare che tutte quelle bellezze non potessero essere ammirate!

Birds-eye view of restored Temple of Deir-El-Bahari [Wikipedia]

Uno dei templi più grandi e meglio conservati, perché trasformato successivamente in monastero, era dedicato ad una regina, Hatshepsut (di cui ho parlato QUI).

Venne costruito intorno al 1470 a.C. circa a Deir el-Bahri presso l’antica Tebe dell’architetto Senemnut. Aveva la struttura tipica dell’edificio templare egizio, rimasta invariata per un sacco di tempo, con la successione di cortili e sale colonnate che conducevano al santuario vero e proprio, con una differenza però in questo tempio: lo sfruttamento scenografico del pendio roccioso. La sequenza delle varie stanze che compongono il tempio viene in questo modo distribuita su più livelli, e tra le altre cose in questo modo l’intero edificio era visibile, mentre di solito quando i templi si sviluppavano su un unico piano le parti più interne erano completamente nascoste alla vista.

Il primo livello era un tempio di accesso collegato da una strada cerimoniale al santuario vero e proprio, costituito da: una grande terrazza inferiore, una rampa che la collegava ad una terrazza mediana con delle cappelle alle estremità, poi la terrazza superiore in cui c’era la grande sala con le colonne che conduceva infine al sacrario scavato nella roccia. Il primo porticato era affacciato a oriente per accogliere il Sole nascente, mentre nella parte più interna c’erano anche due cappelle, una a sud dedicata a Tutmosi I padre della regina e una a nord con un cortile a cielo aperto dedicato al culto del Sole.

La spedizione a Punt di Hatshepsut.
[Encyclopaedia Britannica]

Le pareti erano ricoperte di decorazioni, molte tuttora conservate: rilievi e iscrizioni monumentali geroglifiche. Servivano per illustrare il legame che univa gli dèi al faraone e questi al popolo. I due cicli meglio conservati sono quello della concezione divina di Hatshepsut e il suo riconoscimento come figlia da parte del dio Amon, e la spedizione commerciale egizia nella lontana terra di Punt (probabilmente il Corno d’Africa). Il primo ciclo serviva per legittimare l’ascesa al trono della regina, per Hatshepsut era ancora più importante che per gli altri faraoni, perché lei si era presa il potere in maniera non proprio legale, visto che la carica era destinata soltanto agli uomini. Quindi queste decorazioni mostrano come la regina sia figlia non del faraone Tutmosi ma del dio Amon. Il secondo ciclo era celebrativo: di solito questo tipo di decorazioni mostrano battaglie o spedizioni militari ma in questo caso ci sono imprese realizzare dalla regina in onore di Amon, come la costruzione di obelischi oppure la spedizione verso la terra di Punt alla ricerca di incenso e mirra. Più volte il mio libro si riferisce a questa spedizione come a una cosa allegra e divertente, quindi molto in contrasto con guerre e conquiste.

Nel tempio erano presenti anche centinaia di statue, molte raffiguranti la regina di solito vestita come un faraone con abiti maschili e con la barba posticcia, oppure in forma di sfinge. Purtroppo tante immagini di Hatshepsut furono distrutte dopo la sua morte dal suo successore che cercò di cancellarne la memoria.

Hatshepsut ritratta con la barba posticcia

Link utili

L’Egitto: la più antica civiltà fluviale

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