Atene e Sparta: due opposti modi di governare

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10. Mondo Antico I – 10

Dove siamo?
Grecia
Quando siamo?
dall’850 a.C. circa (costituzione di Licurgo) al 508 a.C. (riforma di Clistene)

Per questa parte di lettura ho utilizzato questi libri:
I popoli antichi / Antonio Brancati (il mio libro di storia di prima superiore)

Di tutta la storia del primo anno delle superiori, forse la rivalità tra Atene e Sparta era la cosa che ricordavo meglio, ma, mi sono resa conto leggendo, in maniera molto puerile e semplificata. Questo capitolo mi ha annoiato un po’ in certi punti, quando elencava le complicate strutture governative delle due città, ma è stato senza dubbio comunque molto affascinante.

Nella “puntata precedente” avevamo parlato della storia greca molto a grandi linee, rimanendo molto sul generale, e tra le altre cose avevamo visto come fosse caratterizzata dalla presenza delle città-stato. E tutte le città-stato gravitavano intorno a due in particolare: Atene e Sparta.

Non erano solo nemiche nominalmente ma avevano proprio due concezioni diverse della vita: da un lato Atene di origine ionica, democratica, aperta alle innovazioni e al progresso, amante dell’eleganza e della cultura; dall’altro lato Sparta, di origine dorica, aristocratica, conservatrice, non amava i cambiamenti, sosteneva una vita dura e severa e il culto delle armi.

Ora io dai miei studi ricordavo le parole ionico e dorico per gli stili delle colonne studiati in Storia dell’Arte, ma non ricordavo assolutamente questa contrapposizione anche politica tra Atene ionica e Sparta dorica.

Atene

Il Partenone (Atene)
Steve Swayne, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Il mio libro dedica parecchio spazio a spiegare come era strutturato il governo di Atene, cosa giustissima immagino, ma devo ammettere di averla trovata fondamentalmente noiosa perché per quanto mi riguarda era solo un elenco di nomi astrusi il cui significato ho dimenticato un secondo dopo averli letti, anche perché poi a ogni riforma cambiavano o ce n’erano di nuovi. Siccome questi post hanno per me l’unico scopo di parlare di qualcosa che mi piace (la Storia) e non hanno nessuna pretesa culturale o didattica, questa parte che mi annoia la salto, vi lascio giusto un LINK se amate queste cose.

Come avevamo visto già nel capitolo precedente anche quando viene messa da parte la monarchia il governo rimane sempre in mano di una ristretta cerchia di nobili, e quindi permane un grande malcontento nel grosso della popolazione. Nel 594 a.C. viene nominato arconte Solone che con grande lungimiranza politica capì che la classe degli artigiani e dei piccoli commercianti si stava ingrandendo, diventando sempre più importante, quindi concesse loro una maggiore partecipazione al governo. Solone riformò quindi le classi introducendo altri nomi strani tra cui ricorderei solo i pentacosiomedimni perché lo trovo un nome talmente complicato da risultare bellissimo! XD Comunque ormai li ho nominati quindi mi tocca dire che erano i ricchi proprietari terrieri che avevano un reddito annuale di più di 500 medimni (1 medimno = 52 litri di grano, olio o vino), e il loro nome significa proprio questo.

Apollo ed Artemide, tondo di coppa attica a figure rosse 470 a.C.
Briseis Painter, Public domain, via Wikimedia Commons

Una delle riforme più importanti di Solone comunque fu quella di abolire la schiavitù per debiti, e di dividere la popolazione in classi non dovute alla nascita bensì la ricchezza. Mi fa un po’ sorridere pensare che una divisione basata sulla ricchezza possa essere stata una vera e proprio rivoluzione che migliorò le cose per una buona parte della popolazione, eppure fu effettivamente così: in un censo basato sulla nascita le classi sono chiuse, invece arricchirsi è una cosa che potevano sperare di fare tutti, e quindi avanzare in una classe superiore. Ancor di più poi se si considera che in questo modo i doveri, soprattutto quelli economici, erano distribuiti in maniera equa tra la popolazione.

Quindi, Solone santo subito? Ovviamente no. Le riforme di Solone non avevano risolto il problema: aveva accontentato solo una parte della popolazione, quella dei commercianti e degli artigiani che si erano potuti arricchire e iniziare a prendere potere, mentre i nobili si sentivano defraudati, sentivano di aver perso il loro privilegio, ma soprattutto i nullatenenti continuavano ad essere la classe con praticamente assenza totale di privilegi.

Armodio e Aristogitone, i tirannicidi (copia di autore ignoto dell’originale, perduto, realizzato da Crizio e Nesiote)
Kritios, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Come avevamo visto nel capitolo precedente, che era più generico, era accaduto spesso in Grecia che il malcontento nella popolazione diventava terreno fertile per i tiranni, e così successe ad Atene: nel 560 a.C. riuscì a prendere il potere Pisistrato che divenne tiranno di Atene. Per mantenere il potere Pisistrato non annullò le riforme di Solone ma anzi le ampliò a favore dei più poveri, con ridistribuzione delle terre, valorizzazione dell’industria e del commercio, e un sacco di lavori pubblici che davano impiego a tanti disoccupati: di fatto quindi la dittatura di Pisistrato coincise con un periodo di prosperità per Atene. Il tiranno fu cacciato ben due volte, e per due volte tornò, l’ultima nel 546 a.C., e da allora rimase al potere fino alla morte. Gli succedette il figlio Ippia che però non aveva l’acume politico del padre e permise al malcontento di crescere sempre più, tanto che cercarono di ucciderlo, ma l’attentato fallì. Quando Ippia fu definitivamente scacciato nel 510 a.C. i due attentatori furono osannati dalla folla e vennero erette delle statue, conosciute oggi col nome “I tirannicidi” (anche se, ricordiamolo, non uccisero nessuno perché fallirono): era la prima volta che si facevano statue di mortali invece che dei. Ippia comunque non si arrese e si rifugiò in Asia minore dove cercò di istigare i persiani a muovere guerra ad Atene, e immagino quindi ne sentiremo parlare ancora.

Ostracon con l’iscrizione: “Temistocle, figlio di Neocle”. Questa è un’altra delle poche cose che ricordavo di questa parte di Storia, sia la pratica dell’ostracismo che il fatto che in questo modo venne scacciato Temistocle.
Marsyas, Public domain, via Wikimedia Commons

Dopo la tirannia, e dopo un po’ di lotte interne, ad Atene andò al potere Clistene (510 a.C.). Fu anche lui un riformatore, e l’innovazione più importante fu la classificazione dei cittadini basata né sulla nascita né sulla ricchezza ma sul domicilio: quindi in ogni gruppo si trovavano persone di tutte le classi sociali, in pratica gruppi molto eterogenei, chiamati tribù.

In sostanza la sua riforma prevedeva quello che molti storici riconoscono come il primo esempio nella storia di un’assemblea politica proporzionalmente rappresentativa (Beloch).

Clistene inventò anche l’ostracismo. Questo termine deriva dalla parola ostrakon che significa “coccio” perché in pratica consisteva nell’allontanare per 10 anni un personaggio politico che sembrava pericoloso per la democrazia, che volesse farsi tiranno, e il suo allontanamento veniva deciso da una votazione segreta dopo una pubblica discussione di 6000 cittadini, votazione che veniva effettuata scrivendo il nome di chi si voleva cacciare sul coccio: se la persona riceveva abbastanza voti veniva mandato via, ostracizzato appunto.

Penso di averlo già detto nell’altro commento, ma la democrazia di Atene, seppure presentava indubbiamente dei passi avanti nell’organizzazione sociale provando per la prima volta che non si doveva per forza sempre comandare solo per diritto di nascita, non era comunque una vera democrazia, perché escludeva una buona parte della popolazione: le donne, gli stranieri e gli schiavi (questi ultimi tra l’altro erano una parte enorme della popolazione, quasi il doppio in numero rispetto ai cittadini). Inoltre nella democrazia ateniese le cariche pubbliche non erano retribuite, e quindi soltanto chi aveva già del denaro o una rendita poteva permettersi di ricoprire una carica, chi doveva lavorare tutti i giorni per vivere ovviamente non lo poteva fare, il che quindi significava che anche se formalmente non c’erano distinzioni in base alla ricchezza, nella pratica permanevano.

Sparta

La città di Sparta fu fondata dai Dori sul fiume Eurota intorno al decimo secolo a.C.. I Dori avevano invaso il Peloponneso e conquistato una popolazione molto numerosa, quindi si erano dovuti dare un ordinamento a carattere militare per poter mantenere la supremazia su questi altri popoli. A Sparta la divisione in classi era molto semplice: i conquistatori, gli Spartiàti o Lacedèmoni, erano quelli che avevano il potere politico; tutti gli altri, gli sconfitti, se si erano arresi divenivano Perièci e rimanevano liberi, quelli che invece si erano opposti venivano fatti schiavi e andavano a costituire gli Iloti.

Se penso agli Spartani ovviamente mi viene in mente Gerard Butler in 300: QUESTA È SPARTA!!!!!

Gli Spartiati erano quindi una minoranza aristocratica e guerriera, gli unici cittadini di pieno diritto; vivevano però costantemente come un esercito accampato in un Paese nemico, perché di fatto lo erano, e la loro vita era strettamente e rigidamente regolata dalla legge, anche per impedire che qualcuno si arricchisse più di altri. Non svolgevano nessun altro lavoro, né coltivazione, né commercio, né altro: soltanto l’esercizio delle armi. Però possedevano le terre che erano lavorate dagli Iloti.

Gli Iloti quindi oltre che schiavi erano veri e propri servi della gleba, e avevano pure l’obbligo di andare in guerra seguendo il padrone. Ovviamente come ad Atene erano la stragrande maggioranza della popolazione: si calcola che fossero circa 200.000, a fronte di 100.000 Perieci e solo 25.000 Spartiati. Non è difficile capire perché questi ultimi vivessero costantemente in allerta per evitare insurrezioni.

I Perieci erano liberi, potevano possedere proprietà, fare commerci, praticare l’artigianato, insomma tutto quello che non era né la guerra né la coltivazione della terra, riservate alle altre due classi. Per questo motivo i Perieci potevano anche arricchirsi. In pratica l’unico lato negativo della loro condizione era che non avevano diritti politici, ma esercitavano tutte quelle professioni che gli Spartiati non potevano fare per legge, quindi suppongo potevano diventare anche molto più ricchi degli aristocratici.

E qui c’è un’altra delle poche cose che ricordavo, ovvero come vivevano gli Spartani: non per niente ancora oggi la parola spartano si usa col significato di “severo, austero e sobrio”. I bambini venivano affidati alle cure del padre e non della madre, e poi dai 7 anni invece erano educati dallo stato, e nella loro educazione era compresa una dura disciplina fisica, e si insegnava loro anche a parlare poco, e ad odiare il lusso e i piaceri. Il servizio militare andava dai 20 ai 60 anni, e per tutta la durata di questo periodo dovevano mangiare almeno una volta al giorno insieme a tutti i compagni, per mantenere vivo lo spirito di corpo. Tutto questo ovviamente riguardava solo i maschi, ma anche le bambine venivano comunque educate molto severamente.

Resti della polis di Sparta

Come ho detto gli Spartiati non potevano svolgere nessun lavoro, e non potevano arricchirsi: il livellamento economico era uno dei principi base della costituzione spartana, insieme alla vita comunitaria. Erano così preoccupati della ricchezza e del lusso che a Sparta non esistevano neanche monete preziose, erano solo di ferro, e questo preludeva loro anche la possibilità di fare commerci con le altre città greche che invece volevano esclusivamente metalli preziosi. Il mio libro riporta uno scritto di Plutarco secondo cui agli Spartani era anche vietato viaggiare, così come era vietato agli stranieri risiedere nel territorio di Sparta, perché non influenzassero gli spartani con i loro vizi.

Lo storico ateniese Tucidide nel V secolo scrisse: Se Sparta fosse devastata e restassero solo le fondazioni degli edifici, sono certo che i posteri non crederebbero alla tanto celebrata sua potenza. Siccome gli Spartani disprezzavano ogni arte, tranne quella bellica, non avevano nessuna struttura imponente, come per esempio il tempio di Atene, quindi effettivamente se non conoscessimo la sua storia da altre fonti, l’archeologia ci avrebbe detto ben poco sul successo di questo popolo.

Come detto la rigida costituzione spartana regolava tutta la vita della popolazione. La tradizione faceva risalire questa costituzione al IX secolo a.C. ad opera di un certo Licurgo, che probabilmente non è mai esistito, e la costituzione è probabilmente il risultato del lavoro di svariati legislatori.

Come ad Atene, anche qui la situazione politica era abbastanza complicata, e onestamente neanche qui mi va di mettermi a dire tutti quanti i vari nomi, però qualcosa la voglio citare. Intanto c’erano due re, e la carica era ereditaria, ma la cosa particolare è che veniva trasmessa non al figlio primogenito in assoluto, ma solo al primo nato dopo che il padre era salito al trono. Anche a Sparta c’era l’assemblea dei cittadini, soltanto consultiva, cioè convocata per approvare o no le decisioni prese dalle altre cariche. Di queste ultime ce n’erano diverse, per cui malgrado la presenza dei Re Sparta era più che altro un’oligarchia aristocratica fondata su una rigida disciplina militare.

Il tempio di Corinto, una delle città del Peloponneso che faceva parte della famosa lega.
MM, Public domain, via Wikimedia Commons

È proprio grazie alla loro costituzione così dura che gli Spartani riuscirono a conquistare molte città vicine, tanto da avere ad un certo punto abbastanza territori da decidere di passare alla diplomazia e creare invece alleanze. Si formò così quella che oggi chiamiamo la lega del Peloponneso o lega peloponnesiaca. Non si sa di preciso quando sia stata fondata, forse intorno al 550 a.C.. All’interno della lega gli Stati avevano tra di loro pari diritti, tranne che in caso di guerra: in quella circostanza dovevano obbedire agli Spartani. Ma anche normalmente non c’era proprio uguaglianza tra gli alleati, infatti dalle altre popolazioni alla fine del V secolo la lega era definita come “i Lacedemoni e i loro alleati”, enfatizzando che di fatto non c’era parità tra le città della lega.

Le fonti

Le fonti principali sulla storia di questo periodo sono Erodoto e Tucidide, due storici greci, il secondo era ateniese quindi non proprio obiettivissimo. Altre fonti le possiamo trovare in Platone, Senofonte, Aristotele e Plutarco, nonché nelle opere letterarie dell’epoca, come le opere teatrali di Eschilo, Sofocle, Euripide e Aristofane, soprattutto per quanto riguarda il modo di vivere dell’epoca.

Scoperte scientifiche

Non ne ho trovare in questo periodo, ma citerei comunque la comparsa delle prime leggi scritte in Grecia, dovute all’Arconte Dracone (621 a.C.)

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