In molti giorni lo ritroverai

incontro con Erri De Luca
di Massimo Orlandi

Titolo: In molti giorni lo ritroverai
Sottotitolo: incontro con Erri De Luca
Genere: intervista
Autore: Massimo Orlandi
Nazione: Italia
Anno prima pubblicazione: 2008
Ambientazione: Pieve di Romena – Pratovecchio (AR), Italia; 17 giugno 2007
Personaggi: Erri De Luca, Massimo Orlandi
Casa Editrice: Romena
Copertina: foto di Massimo Schiavo
Pagine: 89
Provenienza: Fraternità di Romena (25 luglio 2009)
Link al libro: SITO UFFICIALEIN LETTURAANOBIIGOODREADS
inizio lettura: 3 novembre 2014
fine lettura: 4 novembre 2014


Manda il tuo pane
sul volto delle acque:
perché in molti giorni
lo ritroverai.

Qohèlet (11,1)

Già mi piaceva molto Erri De Luca, questo libro mi conferma come sia piacevole sentirlo parlare, anche solo per iscritto.

Massimo Orlandi raccoglie in questo piccolo libro le parole di un incontro con Erri De Luca tenutosi nella pieve di Romena il 17 giugno 2007, completate da quelle di un altro incontro, al Cipax (Centro interconfessionale per la pace) di Roma.

Ho comprato questo libro proprio a Romena, e ricordo anche abbastanza bene perché. Se io vado in posto dove vendono libri, difficilmente riesco ad andarmene sennza comprare niente. Se in una normale libreria bene o male la cosa può anche essere fattibile, quando la situazione è particolare proprio non ce la faccio a resistere perché un libro comprato in quelle occasioni è anche una sorta di souvenir. In quel periodo penso Erri De Luca lo stavo appena scoprendo, quindi quando ho visto che c’era un libro non proprio suo ma che parlava di lui, l’ho preso subito. Poi è successo che ho avuto la fortuna di partecipare anch’io a due incontri dal vivo con Erri (uno dei quali raccontato QUI), e quindi ogni volta che tornavo a questo libro, mi dicevo: e ormai che lo leggo a fare? L’ho vissuta dal vivo quest’esperienza, a che serve leggerla? E invece ora che le solite sfide mi hanno spinto a leggere finalmente questo libriccino, ho scoperto che aveva ancora molto da darmi.

Pieve di Romena – Toscana – Olympus SP800-hd di Maurizio Bonanni

E’ vero che nel discorso ogni tanto tornano alcuni temi che a De Luca devono essere particolarmente cari perché pare escano fuori ogni volta, come Don Chisciotte, o la montagna, però sentirli attraverso le parole di Erri, anche se mediate, è sempre un grande piacere. E poi si parla anche di tante altre cose: del passato di Erri De Luca, dall’infanzia alla gioventù sessantottina, alla vita da operaio, da volontario, da viaggiatore. Si parla un po’ di tutto, in sostanza la vita, l’amore, la morte… uno spesso questo trittico per dire, un po’ scherzando, che si sono toccati un po’ i temi base dell’esperienza umana, ma la verità è che è veramente di questo che si parla in questo libro. Ah, e anche di libri, poi, ovviamente.

Mi piace sempre molto ascoltare Erri De Luca, ti fa capire che anche i suoi libri sono un po’ delle chiacchierate, perché ti danno le stesse impressioni, le stesse sensazioni che ti dà sentirlo parlare. Orlandi nell’introduzione parla della sua esperienza come lettore di Erri e descrive cosa sono i suoi libri per lui: Quei libri non erano spinti dalla forza di una storia, ma dalla capacità di ogni pagina di rendersi viva, di bastare a se stessa. (Pagina 6) E’ un’opinione che personalmente condivido moltissimo.

Altra cosa che mi colpisce quando sento (o leggo) Erri parlare (e che gli invidio anche un po’) è la clarità di pensiero, il fatto che su qualsiasi argomento ha qualcosa da dire, un’opinione ferma, sia che parli di presente, di passato, di futuro, della sua vita o di altre persone, si esprime con una sicurezza che se per caso non sei d’accordo ti viene da chiederti com’è possibile, visto che come dice lui sembra così chiaro, così vero. E questo senza supponenza, senza pretendere di essere depositario della verità ultima, ma anche senza incertezze, è la sua opinione e di quella è sicuro.

Due paroline dedichiamole anche a Massimo Orlandi, autore del libro in quanto intervistatore. Bravissimo nel rendere il discorso (che proviene da due diverse interviste, una delle quali non sua) come fosse unico, una sola chiacchierata. Lo stile non è proprio colloquiale, ma mantiene comunque la spontaneità di una persona che sta parlando a braccio. Bello poi anche com’è strutturato il libro, diviso per argomenti in capitoletti che iniziano con una citazione a tema da un libro di Erri.

La copertina è semplice ma bella, con il faccione di Erri De Luca in una curiosa espressione. Il titolo mi piace moltissimo, incuriosisce dapprima, e poi quando leggendo ho scoperto il significato mi è piaciuto ancora di più. Proviene da un versetto del Qohèlet (riportato in alto) che Erri ha meditato una volta per un giorno intero perché gli suonava strano. L’aveva letto su una Bibbia francese e diceva “Manda il tuo pane sulle acque dopo molti giorni lo ritroverai“. Non gli piaceva la seconda parte, stonava con la prima, così è andato a cercarsi il testo in ebraico e ha scoperto che la traduzione era sbagliata: in ebraico c’è scritto non “dopo molti giorni lo ritroverai“, ma “in molti giorni lo ritroverai”, cioè quella singola offerta ti ritornerà in molti giorni, molte volte in molti giorni. (Pagine 72-73) Quindi non un “gesto boomerang”, così lo definisce, cioè “tu fai qualcosa e quel qualcosa ti tornerà indietro dopo molti giorni“, ma un gesto di una gratuità ben più grande e produttiva:

Era un gesto a fondo completamente perduto che ti verrà infinitamente restituito da tante altre parti.
E questo mi permette anche di immaginare che il rapporto di generosità tra le persone è un rapporto che non funziona tra due. Se io faccio una cosa per te, tu non me la devi restituire, tu la devi fare ad un altro, e magari, già che ci sei, la fai a due, anche a tre se ti è piaciuto. […] Fai questa mossa esterna a noi due, moltiplichi questa mossa. La fai produrre in giro.
(Pagina 73)

Il segnalibro che ho usato durante la lettura, ovviamente l’ho comprato (indovinate un po’?) a Romena.

Commento generale.

Erri De Luca sa essere affascinante quando parla come quando scrive, forse perché ti porta la sua vita (che tra l’altro è stata piuttosto interessante) in frammenti, aneddoti, incontri, racconti. Questo libro non fa eccezione: Orlandi racchiude due interviste facendone una serie di discorsi su svariati argomenti, molti dei quali cari a Erri. Si parla di libri, si parla di persone, si parla di sentimenti, di guerra, di luoghi, di Dio… insomma, un po’ di tutto. Come leggiamo nell’incipit, dopo due ore di un pomeriggio afoso e scomodo, la gente che affollava la pieve non era ancora stanca di ascoltare Erri De Luca, ed infatti devo dire che se proprio devo trovare un difetto a questo libro è che è finito troppo presto.

Momento più…

…emozionante? Questa frase:

Chi ha le parole da leggere o da scrivere si trova in una folla continua, non sta mai da solo. E chi riesce ad averle in mente, a ricordarle e a trattenerle è invulnerabile, inespugnabile. Nessuna clausura, nessuna prigione, nessun ceppo gli può impedire di essere completo.
(Pagina 46)

Sfide

Mini recensione in 5 parole

Vita, amore, morte secondo Erri

Un po’ di frasi

Ma non vi siete stancati? Sono le cinque e mezzo del pomeriggio. Fa caldo, il caldo dell’estate più quello della gente che affolla la pieve, un caldo scomodo per chi, e sono parecchi, da due ore ascolta, immobile, in piedi. Eppure la domanda di Erri si perde in una selva di sguardi ancora disposti all’ascolto.
[incipit]

Allora a Napoli era obbligatorio il napoletano, tutti lo dovevano parlare, sennò si passava per persone che si volevano chiamare fuori, disertori, presuntuosi. Il napoletano era obbligatorio, ma in casa nostra mio padre pretendeva che si parlasse un italiano strettissimo, rigido e anche senza accento.
Il napoletano stava fuori, l’italiano dentro, in casa: stava nei libri, in quei libri di mio padre e se ne stava zitto. E il fatto che l’italiano fosse una lingua zitta era molto attraente per me. Sicché sono diventato pratico di quell’italiano e ho amato quella lingua perché era muta.
(Pagine 16-17)

Noi, nati nel dopoguerra, siamo stati la prima generazione della storia d’Europa, che a vent’anni non è stata presa e mandata a distruggersi in qualche guerra inventata per l’occasione. Siamo stati i primi che hanno saltato il turno. E questo è successo non perché eravamo simpatici, o migliori, ma perché i nostri padri, usciti dalla più grande distruzione della storia dell’umanità, quella della seconda guerra mondiale, hanno scritto nella loro Costituzione la più forte maledizione della parola “guerra”. Quella maledizione ci ha preservato, ci ha tenuto fuori, ha fermato la guerra.
[…] Il ritorno della guerra in Europa, così vicino a noi [nella ex-Jugoslavia], ci ha riguardato di nuovo […].
E’ stata una cosa strana quella degli italiani. Non è stata una delle tante agenzie di aiuti, sono stati proprio popolo, numeroso, che si è andato a intrufolare. […]
Avevo la fortuna che allora lavoravo in cantiere e stavo a Roma, e che i miei compagni di cantiere mi tenevano il posto […]. Questo vuol dire che non c’erano solamente i volontari, ma che dietro c’era gente che sosteneva e credeva giusto quell’andare e tornare.
(Pagine 31-33)

C’è un episodio capitato ad Anna Achmatova, famosa poetessa russa, che stava in fila davanti al carcere della Lubianka per andare a trovare suo figlio e suo marito. Qualcuno nella fila la riconosce – questa fila al freddo, fuori della Lubianka che durava ore, per portare qualcosa ai carcerati, e non era detto che li facessero entrare – qualcuno la riconosce e allora una donna si volta verso di lei (e Anna Achmatova duce “Una donna il cui volto una volta era stata una faccia“) e le chiede: “Ma lei questo lo può descrivere?“. E lei dice: “Posso“.
Questo è ciò che può fare un poeta, questa è la sua responsabilità.
(Pagina 36)

Quei due abbracciati sulla riva del Reno potevamo essere anche noi due. Ma noi non passeggeremo mai più su nessuna riva abbracciati. Vieni, passeggiamo almeno in questa poesia.
Poesia di Izet Sarajlic citata da Erri.
(Pagina 37)

Col Novecento abbiamo inaugurato il Secolo Uno delle migrazioni. Così sarà ricordato, insieme al cinema il più bel regalo fatto agli inquilini del ‘900, meglio dell’aviazione e della penicillina.
(Pagina 40)

Credo che non esistano i lettori, ma il lettore: il libro non possiede pubblico, ma possiede una persona, perché stabilisce un rapporto diretto, unico, tra chi lo ha scritto e chi, in quel momento, lo ha tra le mani.
(Pagina 49)

Il libro può essere molto bello, però, ecco, se non sono anch’io parte de L’idiota di Dostoevskij, se non sono anch’io dentro una porzione di quella vicenda, non riesco a gustarla.
(Pagina 50)

Chi scrive un libro fa la metà del lavoro. L’altra metà la fa chi prende quel libro e lo legge, lo butta, lo consuma, lo assorbe, ci litiga, ci va a dormire sopra, ci si addormenta. Insomma il lettore compie il libro, finisce il libro come se fosse un semilavorato e alla fine della lettura di ogni singolo lettore quel libro è un’opera compiuta, è un fatto compiuto, perché è avvenuto l’incontro, lo scontro, la rinuncia o la rissa tra le due parti.
(Pagina 50)

Credo che il Dio di quel monoteismo di cui si parlava prima sia riuscito a fare piazza pulita di tutti gli altri perché il Dio d’Israele è l’unica divinità che si è rivolta a quel sentimento della creatura umana, alla più forte energia pulita prodotta dal corpo e dalla creatura umana che è l’amore.
(Pagina 84)

Se c’è un motivo per cui quel monoteismo si è piantato dentro la nostra civiltà è per via del verbo “Amare”.
[expplicit]

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