Home » Alighieri » La Divina Commedia – INFERNO La Divina Commedia – INFERNO Pubblicato venerdì 23 Gennaio 2009; 00:09mercoledì 17 Dicembre 2014; 23:40 da PhoebesLascia un commento di Dante Alighieri Anno: 1321 circa Casa Editrice: Le Monnier a cura di Umberto Bosco e Giovanni Reggio pagine: 514 La Divina Commedia – Inferno su aNobii Questo libro partecipa alla sfida infinita (o quasi). Come si fa a fare un commento a Dante? Voglio dire, un commento così, come si fa per gli altri libri, senza mettersi a fare un trattato di letteratura. Bè, io lo farò appunto così come farei con qualsiasi altro libro, o almeno ci proverò. Bello, non c’è che dire. Piacevole la leggere ad alta voce, i suoni si gustano proprio, anche se poi non si capisce quello che si legge! Dante è incredibilmente presuntuoso, lo pensavo anche quando lo studiavo al liceo: come s’è permesso di decidere di mettere tutte quelle persone all’Inferno? Una bella lettura (a parte le tante similitudini, che verso la fine m’hanno veramente un po’ rotto!), sono contenta di averla “affrontata”! Insomma, è un libro che dovevo leggere, prima o poi! Chissà, se mi riprende il coraggio, magari riesco a continuare fino al Paradiso! Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. [incipit] Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. […] Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate. (Canto III) Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare. (Virgilio, Canto III) Quali colombe dal disio chiamate con l’ali alzate e ferme al dolce nido vegnon per l’aere, dal voler portate; cotali uscir de la schiera ov’è Dido, a noi venendo per l’aere maligno, sì forte fu l’affettuoso grido. «O animal grazïoso e benigno che visitando vai per l’aere perso noi che tignemmo il mondo di sanguigno, se fosse amico il re de l’universo, noi pregheremmo lui de la tua pace, poi c’hai pietà del nostro mal perverso. Di quel che udire e che parlar vi piace, noi udiremo e parleremo a voi, mentre che ‘l vento, come fa, ci tace. Siede la terra dove nata fui su la marina dove ‘l Po discende per aver pace co’ seguaci sui. Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende. Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi vita ci spense.» […] Quando leggemmo il disiato riso esser baciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi baciò tutto tremante. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse. (Canto V) Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. (Canto XXVI) Lo duca e io per quel cammino ascoso, intrammo a ritornar nel chiaro mondo; e sanza cura aver d’alcun riposo, salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch’i’ vidi de le cose belle che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle. (Canto XXXIV – explicit) Il segnalibro è stato realizzato da Nocciola. Condividi:FacebookTwitterTumblrPinterestPocketWhatsAppTelegramE-mailStampaMi piace:Mi piace Caricamento... Correlati