L’autunno del patriarca

di Gabriel Garcìa Màrquez

Titolo: L’autunno del patriarca
Titolo originale: El otoño del patriarca
Autore: Gabriel Garcìa Màrquez
Nazionalità: colombiana
Prima pubblicazione: 1975
Casa Editrice: Mondadori
Traduzione: Enrico Cicogna
Pagine: 262
Link al libro: GOODREADSANOBII
inizio lettura: 15 dicembre 2009
fine lettura: 21 dicembre 2009


Proclamò una nuova amnistia per i prigionieri politici e autorizzò il ritorno di tutti gli esiliati tranne gli uomini di lettere, naturalmente, quelli mai, disse, hanno la febbre nelle vene come i galli di razza […], sono peggiori dei politicanti, peggiori dei preti, immaginatevi.

Il generale, dittatore da tempo immemore di una non meglio identificata isola caraibica, è morto. Attraverso una serie di lunghi flashback ripercorriamo i suoi giorni del potere, le violenze, gli amori, le vendette, i dolori, fino ad arrivare all’inevitabile “autunno” della sua esistenza.

Il segnalibro che ho usato durante è stato realizzato da Ladygiodesi.

Ho dato solo 2 stelline [EDIT: sono diventate 3 quando anobii è passato al sistema di valutazione a 5 stelline anziché 4] a questo libro perché, sinceramente, l’ho trovato pesante e troppo difficile da seguire. È scritto quasi come un flusso di coscienza, tutto di seguito, senza respiro, con frasi lunghissime, a volte ci volevano diverse pagine per trovare un punto fermo, e in più frequentissimi cambi di io narrante, che all’inizio mi confondevano.

Eppure, capisco che la forza di questo romanzo sta anche in questo suo stile così asfissiante, infatti nonostante la fatica della lettura, ho potuto comunque vederne la bellezza e verso la fine mi sono anche un po’ lasciata conquistare dalla scrittura di Màrquez.

Il “patriarca” nel suo autunno arriva a fare quasi pena, sembra solo una marionetta sfruttata da invisibili burattinai, un povero vecchio malato e logorato, a cui resta solo l’ostinazione di non voler vendere il mare, e quasi si dimenticano tutte le atrocità di cui si è macchiato, forse perché neanche lui le ha mai accettate, come quando impartiva ordini atroci senza batter ciglio, per poi far giustiziare chi li aveva eseguiti, perché ci sono ordini che si possono dare ma non si possono eseguire, cazzo. Com’è scritto in quarta di copertina, Màrquez ci mostra il vero, mostruoso e umanissimo volto del potere.

Nonostante la difficoltà di lettura, questo libro è affascinante come pochi.

Sfide

Un po’ di frasi

Durante il fine settimana gli avvoltoi s’introdussero attraverso i balconi della casa presidenziale, fiaccarono a beccate le maglie di filo di ferro delle finestre e smossero con le ali il tempo stagnato nell’interno, e all’alba del lunedì la città si svegliò dal suo letargo di secoli con una tiepida e tenera brezza di morto grande e di putrefatta grandezza.
[incipit]

Niente per i poveri, naturalmente, perché quelli saranno sempre così fottuti che il giorno in cui la merda avrà qualche valore nasceranno senza culo.

…poteva portarsi via tutto quello che avesse voluto tranne il mare delle mie finestre, s’immagini, che cosa farei io solo in questa casa così grande se non potessi vederlo ora come sempre a quest’ora come una palude in fiamme, che cosa farei senza i venti di dicembre che s’infilano abbaiando dai vetri rotti, come potrei vivere senza le raffiche verdi del faro, io che ho lasciato i miei altipiani di nebbia e che mi sono arruolato agonizzando per le caldane nel tumulto della guerra federale, […] tutto quello l’ho fatto per conoscere il mare.

…da questa parte di poveri dove c’era il rivolo di foglie gialle dei nostri incalcolabili anni di sfortuna e i nostri istanti inafferrabili di felicità, dove l’amore era contaminato dai germi della morte ma era tutto l’amore signor generale, […] questa vita che amiamo con una passione insaziabile che lei non si azzardò neppure a immaginare per paura di sapere ciò che noi sapevamo d’avanzo che era ardua ed effimera ma che non ce n’erano altre, generale.

Un pensiero riguardo “L’autunno del patriarca

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